Annamaria Cancellieri, pur difendendo la correttezza delle sue azioni, sarebbe stata anche disposta ad un passo indietro "se sono un peso per il governo". Ma il premier Enrico Letta, nella telefonata con il Guardasigilli, non le ha chiesto le dimissioni, ma ha preteso che il chiarimento davanti alle Camere avvenisse il prima possibile, nei primi giorni della settimana, convinto che, nonostante la spinosita’ del tema, ci siano margini perche’ Cancellieri convinca di non aver approfittato del suo ruolo per favorire la scarcerazione di Giulia Ligresti.
Come successo nel caso sia di Josefa Idem sia di Angelino Alfano, l’imperativo del presidente del Consiglio, prima di trarre conclusioni, e’ che ci sia la massima trasparenza davanti al Parlamento, e quindi davanti agli italiani, e che non restino "zone d’ombra". Una disponibilita’ che il ministro Cancellieri aveva gia’ offerto quando giovedi’ e’ scoppiato il caso e che Letta ha chiesto di accelerare per anticipare le richieste formali dei gruppi parlamentari ad un chiarimento. E cosi’ il ministro Dario Franceschini ha chiamato stamani i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, per dare la disponibilita’ di Annamaria Cancellieri a riferire gia’ martedi’ sulla vicenda Ligresti. Il premier ha ascoltato, e compreso, le ragioni del ministro della Giustizia che gli ha assicurato, come spieghera’ nella ricostruzione "dettagliata ed esatta" che fara’ alle Camere, di aver agito, come in tanti altri casi, solo per umanita’. Senza far pesare ne’ il suo ruolo sul Dap ne’ farsi influenzare dai rapporti personali con i Ligresti. Ragioni che hanno convinto Letta, confortato anche dalle parole del procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli per il quale gli arresti domiciliari a Giulia Ligresti "sono stati concessi esclusivamente sulla base di due fatti concreti, obiettivi, provati".
La vicenda e’ sgradevole e crea imbarazzo, ammettono fonti di governo, ma non ci sono rilievi penali e quindi il paragone con il caso Ruby, citato dal M5S nella mozione di sfiducia, e’ assolutamente fuori luogo. Ma al di la’ della vicenda in se’, c’e’ una ragione politica che spinge il presidente del Consiglio a non chiedere le dimissioni del Guardasigilli. "Siamo ad un passaggio di governo molto delicato – ammette un ministro – tra la legge di stabilita’ e la guerra dentro il Pdl, per non parlare della decadenza di Silvio Berlusconi. Non ci possiamo permettere che nella barca si aprano falle".
































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