Conclusosi il vertice di Anchorage, siamo costretti a subire tre tipi di reazioni imbecilli. Di una, quella delle opposizioni al nostro governo, è praticamente inutile parlare poiché qualunque cosa avesse detto la Meloni sull’argomento, l’avrebbero contestata a prescindere.
Tra loro si distinguono Calenda e Magi, perché in quanto a pensieri che lasciano basiti battono ogni record. Tra le altre reazioni apparse in questi giorni occorre considerare quella dei cretini ad oltranza e quella dei guerrafondai di vario genere.
I cretini continuano a ripetere che “serve una pace giusta” e che l’Ucraina deve essere al tavolo “anche con l’Europa”. Ci sarebbe da chiederci se “ci sono o ci fanno”.
È sotto gli occhi di tutti che una pace duratura e “giusta” lo è soltanto quando, in un modo o nell’altro c’è un vincitore e un vinto. Chiunque conosca un po’ di storia sa che senza un vero vincitore ogni pace è solo temporanea e presto o tardi tutto ricomincerà. Ebbene, vorrei proprio conoscere chi possa ancora pensare che l’Ucraina sarà il vincitore e Putin sarà obbligato a rinunciare al Donbass, alla Crimea e accetterà che Kiev entri nella NATO. Se c’è chi lo crede si faccia avanti, potrei presentargli un buono psicologo.
Per quanto riguarda il desiderio che l’Ucraina sieda al tavolo per negoziare, chi lo auspica dimentica (se in buona fede) che questo paese ha cominciato dapprima la guerra civile e poi la conseguente invasione russa come intermediaria di altri paesi che puntavano a colpire la Russia per metterla in ginocchio e approfittare poi delle ricchezze del suo territorio.
Si è trattato di una guerra per procura e chi lo nega o non capisce nulla o è in malafede. Volodymyr Zelensky, e prima di lui Petro Poroshenko, sono solo state marionette animate da interessi che nulla avevano a vedere con quelli dei comuni cittadini dell’Ucraina. Zelensky in particolare è stato creato a tavolino con la complicità americana e inglese e, purtroppo per lui, è impazzito credendo di essere davvero un protagonista. Come se Gassman avesse, a un certo punto, creduto di essere davvero Brancaleone.
Cosa potrebbe mai negoziare questo fantoccio se gli americani togliessero tutti i consiglieri, non dessero più un fucile e arrestassero il flusso di denaro (che i masochisti europei continueranno invece ad alimentare)?
A quel punto il suo problema sarebbe solo il come far fronte a tutti i suoi corrotti sodali che non potrebbero più arricchirsi con la corruzione e i furti, mentre i giovani ucraini sono mandati a morire la fronte e chi resta a casa vede distruggere le proprie case e la propria prospettiva di vita.
E l’Europa? Mi viene da ridere…
I nostri imbelli leader, troppo minus habens per aver saputo pensare autonomamente hanno pedissequamente obbedito per decenni agli ordini da oltreoceano e, quando da laggiù qualcosa è cambiato, si sono trovati spiazzati. Davanti alla crisi economica in cui hanno trascinato i loro Paesi non sanno più cosa fare per non ammettere di aver solo assecondato gli interessi altrui a scapito di quelli europei e si inventano il pericolo di un’invasione russa per giustificare il loro fare i giapponesi nell’isola del Pacifico anche a guerra finita.
Seduti al tavolo? Ma se non contano nulla per loro incapacità congenita e in tutto il mondo l’Europa è considerata insignificante nella politica internazionale chi mai potrebbe invitarli? A fare che? Per dire cosa? Certamente, in quanto da sempre sono un convinto europeista questa realtà non mi piace, ma non sono così cieco da non vedere e tanto ipocrita da negare l’evidenza.
La terza categoria è quella dei guerrafondai. Costoro sono più nascosti e numerosi di quanto possa sembrare a prima vista. Tra di loro ci sono, naturalmente, i fabbricanti di armamenti (soprattutto americani, ma non solo) ma anche molte organizzazioni pubbliche o “non governative”, che da ogni guerra traggono la loro ragione d’essere, oltre che salari per tutti i collaboratori e ricchezze varie non sempre identificabili.
I peggiori di tutti, tuttavia, sono quelli che hanno già messo gli occhi sulla “ricostruzione”, e costoro sanno che se l’Ucraina sarà controllata dall’Occidente per loro ci saranno soldi e futuro. Se invece sarà Mosca a dettare la linea, saranno altri ad approfittare di tutto ciò che se ne ricaverà. C’è però anche un’altra categoria di guerrafondai che sta a cavallo tra la stupidità e l’interesse.
Si tratta di coloro che non sanno ancora, o non hanno ancora realizzato, che la Guerra Fredda è finita da decenni e che la Russia non è più l’Unione Sovietica comunista. I sovietici non erano soltanto gli antagonisti geopolitici dell’Occidente, erano anche concorrenti ideologici che cercavano di fare proseliti per il loro tipo di organizzazione economica, così come noi lo facevamo per il metodo liberista.
Tra coloro che non hanno capito che il mondo è cambiato ci sono molti americani, imbottiti per decenni di propaganda anti-sovietica, e una grande fetta della popolazione britannica. Gli inglesi, una volta impero mondiale, non accettano l’idea di non contare più niente nel mondo e cercano qualche protagonismo d’accatto mentre nutrono la loro secolare russofobia.
Lasciamo però da parte sia gli imbecilli che i mascalzoni, e diciamo due parole sull’incontro di Anchorage. Da quando Donald Trump è rientrato nel suo ruolo di presidente ha capito che per gli Stati Uniti il gioco in Ucraina non valeva più la candela. Il piano costruito da anni, quello di spaccare la Russia, non era riuscito e non restava che o elaborare una nuova strategia o andare verso la guerra diretta.
La seconda ipotesi sarebbe stata un suicidio non solo per gli USA, ma per il mondo intero e chi avrebbe potuto trarne un qualche vantaggio era il solo vero concorrente degli Stati Uniti: la Cina. Inoltre, in patria si trovava con un debito pubblico e privato enorme, una deindustrializzazione galoppante, un dollaro (la cui mondializzazione è indispensabile per garantire il benessere americano) sotto attacco su vari fronti e la struttura infrastrutturale del paese quasi ovunque obsoleta. Ha giustamente pensato che per garantirsi una continuità nella supremazia mondiale occorreva spartirla, al minimo possibile, con altri.
D’altronde è irrealizzabile, perfino per gli Stati Uniti, gestire da soli le tante questioni aperte: Medio oriente, Brics, Artico che si apre ed è ricco di materie prime, Cina, conflitti locali nel Pacifico, cambiamento climatico, terre rare, armi atomiche. Ecco dunque la soluzione più saggia: mettersi d’accordo con una potenza come la Russia (è comunque il Paese più vasto al mondo) e cercare poi, se possibile, di trovare un ulteriore accordo anche con la Cina. Una nuova Yalta, insomma.
Certo, il suo comportamento è quello che i francesi chiamerebbero “guascone”, i milanesi “bauscia” e i romani “er più”, in italiano, più semplicemente “sbruffone”. Certo, noi europei restiamo una pedina che i “grandi” si giocano assieme a tutte le altre pedine del mondo. Certo, l’Ucraina sarà abbandonata a sé stessa e speriamo soltanto che non tocchi a noi europei il prendercela. Certo, le incognite restano e sono tante: India, Brasile, crisi economica mondiale ecc….
Tuttavia, detto tutto questo, da cittadino del mondo io sono felice che i leader delle due maggiori potenze nucleari si siano incontrati e possano aver trovato diversi punti in comune. Che importa se chi ha guadagnato di più sia stato Putin o Trump? Quel che conta è che abbiano dialogato con reciproco rispetto e abbiano messo le basi per una buona intesa.
Probabilmente i loro accordi sono fatti anche sulle nostre teste ma ciò dipende solo dalla pochezza dei nostri governanti che non hanno saputo farci diventare, noi europei, una potenza anche politica oltre che economica (economica, sperando che duri). Gli accordi di Yalta ci trasformarono in colonie degli americani e dei sovietici ma almeno abbiamo avuto ottant’anni di pace e (noi occidentali) benessere economico. Se qualcuno preferisce la guerra, che vada al diavolo!































