Il prestigioso Museo del Louvre di Parigi rende omaggio a Giotto con una mostra aperta sino al 15 luglio. L’esposizione “Giotto e compagni” è una piccola ma intensa visione sull’opera del maestro fiorentino che ha rivoluzionato la storia dell’arte. Nella sala della cappella del museo, al primo piano dell’ala Richelieu, si può incontrare una trentina di opere tra dipinti, disegni, sculture e miniature, provenienti dalle collezioni francesi, metà delle quali attribuite a Giotto di Bondone (1267 circa – 1337) e alla sua bottega. La mostra è anche un esempio di buona organizzazione culturale, prima ancora che un piacere per gli occhi. Il Louvre, infatti, due anni fa ha acquisito alcune opere di scuola giottesca e ha pensato bene di dare a queste valore, costruendoci intorno un piccolo ma significativo evento.
Al centro della sala c’è San Francesco che riceve le stimmate, il dipinto di epoca giovanile che tutti i giorni introduce la collezione dei dipinti italiani del Louvre. In bacheca anche la Croce dipinta, sempre della collezione parigina, appena restaurata e di grande impatto anche nella sua sistemazione originale sempre in apertura del corridoio italiano del Louvre.
Nell’esposizione curata da Dominique Thiebaut, responsabile del patrimonio del dipartimento di pittura del Louvre, risalta anche una Crocefissione giottesca acquisita nel 1999 che testimonia il periodo “napoletano” dell’artista toscano alla corte dei D’Angiò. In questa Crocefissione in primo piano, su livelli sfalsati, risalta una serie di personaggi addolorati in mezzo ai militari che, sui loro cavalli, innalzano al cielo e ai tre crocifissi le lance minacciose. In secondo piano, a livello prospettico, Cristo e i due ladroni troneggiano, con il cattivo che, dolente, viene trascinato via dal diavolo in persona sistemato all’estremità superiore del dipinto. Un terzo piano, poi, è quello del paesaggio scuro e circostante, di un grigio/nero aggressivo e allarmante.
Proprio questo sfondo (ovviamente successivo alla realizzazione giottesca) dà un tocco magico all’opera. Perché l’assenza del classico oro o dei colori vivi di Giotto conferisce al dipinto un tono più moderno e concentra l’attenzione sulle linee e i volumi delle figure sistemate sui primi due piani. E queste propongono un rigore prospettico e un gioco geometrico straordinari e, per l’epoca, modernissimi. L’intrico di volti, cavalli e lance anticipa di quasi un secolo La battaglia di San Romano, il magnifico teatro pittorico di Paolo Uccello sistemato qualche sala più in là proprio al Louvre. Tanto che questa piccola Crocefissione napoletana può essere chiaramente riportata al senso teatrale, all’invenzione della “rappresentazione” che fanno della basilica superiore di San Francesco d’Assisi uno dei luoghi più belli, affascinanti e misteriosi del mondo.
Giotto di Bondone è considerato il precursore di quella rivoluzione artistica che produrrà una autentica rottura della tradizione della pittura medievale.
Questo cambiamento non riguarda solo lo stile, ma anche il modo in cui l’artista illustra la natura. Per la prima volta, infatti, Giotto percepisce e illustra natura così come si presenta ai suoi occhi, senza l’intercezione delle sacre scritture e dell’iconografia cristiana. Giotto è senza dubbio un grande precursore della prospettiva rinascimentale. In effetti, tramite la sua influenza Filippo Brunelleschi formula i principi della “prospettiva artificiale”, basata su una linea dell’orizzonte, un punto di vista centrale e linee di fuga convergenti. Giotto fu rinomato già alla fine del tredicesimo secolo e organizzò una vera e proprio impresa, dove operavano numerosi collaboratori che si occupavano dell’esecuzione delle opere concepite e disegnate dal maestro. Quello di Giotto fu un terremoto che invase il mondo dell’arte all’inizio del milletrecento. La sua committenza si ampliò nel giro di pochi anni. Passò da Firenze, dove trascorse la maggior parte della sua vita, a Milano, Assisi, Rimini, Padova, Roma, Napoli e forse Avignone, causando un’onda d’urto in tutta la Penisola e successivamente in tutto il continente. A lui si deve quella che è oggi considerata la terza dimensione e cioè l’utilizzo, in maniera empirica, della prospettiva per suggerire profondità e volume. Insomma, nelle sue opere realtà spaziale e materiale vanno a braccetto. Dante, Petrarca, Boccaccio, Leonardo da Vinci e Michelangelo gli renderanno onore costruendo la sua eterna grandezza. Perché il cambiamento introdotto da Giotto non è solo stilistico, ma riflette anche un diverso atteggiamento nei confronti del mondo materiale, che l’artista vuole ripristinare nella sua varietà e nella sua realtà tridimensionale. E’ questo il fulcro significativo della mostra parigina che, partendo da Giotto, si estende ai suoi discepoli come testimoniano la stigmatizzazione di San Francesco d’Assisi, la croce monumentale, La Crocifissione, San Giovanni Evangelista e San Lorenzo del Museo Jacquemart-André di Chaalis, restaurati per l’occasione e il piccolo Crocifisso del Museo di Belle Arti di Strasburgo. Appartengono alla giovinezza dell’artista due grandi pannelli, riuniti per la prima volta, dipinti sul finire del Duecento: la Madonna di San Giorgio alla Costa del Museo Diocesano di Firenze e la stigmatizzazione di San Francesco d’Assisi del Louvre, uno dei soli tre lavori firmati dal pittore la cui produzione dà sempre luogo ad appassionati dibattiti tra storici dell’arte. Con queste opere si assiste all’emergere dei principi di una nuova arte, profondamente realistica, in urto con la pittura bizantina che aveva dominato fino ad allora.
































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