"Vorrei essere l’ultimo presidente del Consiglio a chiedere la fiducia in quest’aula". Comincia con una provocazione il discorso al Senato del presidente del Consiglio Matteo Renzi per la fiducia al suo governo. E si conclude con una completa assunzine di responsabilità rispetto alla sfida assunta: "Abbiamo una sola occasione, questa. Se perderemo non cercheremo alibi, la colpa sarà soltanto mia, perché deve finire il tempo che chi va al potere poi trova delle scuse. Non ci sono più alibi per nessuno".
In meno di un’ora e mezza il premier delinea strategia e modalità di intervento della sua nuova squadra, ribadendo l’orizzonte temporale della fine della legislatura: il 2018. La road map è quella tracciata alla fine delle consultazioni per la formazione del governo: subito legge elettorale e incardinamento delle riforme costituzionali, un intervento nel mondo del lavoro a marzo a cui si legherà una piano industriale per creare nuovi posti di lavoro, misure per la semplificazione e la sburocratizzazione del Paese, la scuola, la riforma fiscale e quella della giustizia. Il tutto per arrivare ad assumere la presidenza semestrale dell’Ue a luglio "con i compiti a casa fatti". Renzi sceglie di andare "controcorrente" e con una "citazione colta di Gigliola Cinquetti" ("Io non ho l’età per sedere nel Senato") introduce il tema delle riforme costituzionali proponendo che "a marzo la riforma del Senato parta dal Senato e la riforma del Titolo V dalla Camera". E la spiegazione è semplice: "La riforma del Senato è il primo passo per recuperare la credibilità dei cittadini nei nostri confronti".
Sulla legge elettorale Renzi ricorda che "l’Italicum è pronto per essere discusso alla Camera": una "prima parziale risposta all’esigenza di evitare che la politica perda ulteriormente la faccia", ma soprattutto avverte che né lui né il Pd hanno timore della consultazione elettorale: il Partito democratico "non ha paura di andare alle elezioni", "noi – ha detto rivolgendosi ai senatori del M5s – siamo abituati, non abbiamo paura. In quest’anno che abbiamo ricevuto da voi presunte lezioni di democrazia, nelle ultime elezioni il Partito democratico si è sempre presentato e ha sempre vinto. Ce l’abbiamo nel nostro dna", ha detto Renzi ricordando i casi di Sardegna, Basilicata e delle province autonome. La sfida resta comunque quella del 2018 e così il premier indica una delle differenze fondamentali con il governo di Enrico Letta (al quale dedica un veloce ringraziamento: "Non possiamo oscurare il lavoro fatto dal suo esecutivo"): "In questo governo ci sono i segretari dei partiti che lo sostengono, perché questo è un governo politico e noi pensiamo che la parola politica non sia una parolaccia". Sempre sul fronte delle riforme istituzionali, il premier si rivolge anche alle opposizioni proponendo nel concreto di approvare subito il ddl Delrio che abolisce le Province, in tempo per impedire il voto del 25 maggio per il rinnovo di 46 amministrazioni provinciali: "Vi invitiamo a riflettere su questa proposta: – ha detto – chiudiamo il ddl Delrio e impediamo di votare il 25 maggio, ma nel Titolo V riapriamo tra di noi la discussione su cosa debbano essere le Province. Non possiamo perdere questa occasione". Insomma, sulla legge elettorale e le riforme costituzionali si è raggiunto "un accordo che va oltre la maggioranza di governo" e quell’accordo "lo rispetteremo nei tempi e nelle modalità prestabilite". Su questo Renzi lancia un’ulteriore sfida ai senatori e deputati: "Non consideriamo il Parlamento un inutile orpello. Non abbiamo l’idea di venire a dettare la linea e a chiedere che rapidamente la si esegua. Ma vi chiediamo di farvi carico del fatto che il tempo non è più una variabile indipendente".
"Eravamo ad un bivio – ha detto ancora il premier – se si andava alle elezioni saremmo tornati a un governo di larghe intese" e per questo la nascita di un nuovo governo non serve ad "inseguire un record anagrafico o allungare il curriculum" e l’orizzonte temporale del 2018 ha un senso "solo se avvertiamo l’urgenza di un cambiamento radicale". Nel presentarsi alle Camere il governo si impegna "a meritare la fiducia", "perché l’Italia ha necessità urgente di uscire dalla crisi in cui ci troviamo", quella di un Paese "arrugginito, impantanato, incatenato da una burocrazia asfissiante". Nel suo intervento Renzi ha voluto anche ringraziare il suo partito, "che ha detto a una generazione: ‘se avete sogni provateci’". Grande spazio nel discorso anche all’Europa: "A volte si considera l’Europa come la madre dei nostri problemi. Per me e per il mio partito non è così. Nella tradizione europeista sta la parte migliore della nostra società", ha sottolineato Renzi, che ha scelto di dare una centralità assoluta nel suo intervento a scuola, istruzione e cultura. "Da lì riparte un Paese, da lì nasce la sua credibilità", ha detto annunciando l’intenzione di andare da presidente del Consiglio, come faceva da sindaco, in visita ad una scuola ogni settimana a partire già da mercoledì, in un istituto di Treviso. "Bisogna cambiare il patto di stabilità interna per quel che riguarda l’edilizia scolastica", ha sottolineato e "domani scriverò a tutti gli 8 mila sindaci e ai presidenti delle Province superstiti una lettera per chiedere il punto della situazione sull’edilizia scolastica", seguendo "una suggestione di Renzo Piano, che ha parlato di rammendare le nostre periferie".
Pronti anche a mettere in piedi un programma straordinario "dell’ordine di qualche miliardo di euro, sui singoli territori in base alle richieste dei sindaci", che verrà messo a punto "tra il 15 giugno e il 15 settembre". Sul fronte economico, poi, Renzi ha annunciato tre interventi immediati che vanno dallo "sblocco totale dei debiti della pubblica amministrazione" attraverso un diverso utilizzo della Cassa depositi e prestiti, alla "costituzione di un fondo di garanzia per le piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito" e alla "riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale con misure serie, irreversibili, non solo legate alla revisione della spesa, che porteranno già nel semestre 2014 risultati immediati". La discussione parlamentare sul piano del lavoro partirà "entro marzo" attraverso "uno strumento universale a sostegno di chi perde il posto del lavoro e con regole normative anche profondamente innovative". Ma "se non creiamo nuove assunzioni non si pone neanche il problema dei nuovi assunti", ha aggiunto e per questo è necessario un piano di crescita industriale che punti sulla "chimica verde, sull’innovazione tecnologica applicata alla ricerca" sugli interventi "contro il dissesto idrogeologico". E poi è fondamentale attrarre capitali dall’estero: "Immaginiamo di intervenire in modo strutturale nella capacità di attrarre investimenti nel nostro Paese. Un paese vivo, ricco curioso non ha paura di attrarre investimenti", ha detto il premier ricordando che "nessun decreto crea attraverso regole nuovi posti di lavoro".
Passaggio forte anche quello dedicato alla riforma della Pubblica amministrazione. Renzi come sempre usa un linguaggio chiaro e parla di "un Paese semplice e coraggioso sul lavoro, che non abbia paura ad affrontare in modo diverso il rapporto con la Pubblica amministrazione". "Ci sono settori dello Stato – sottolinea riferendosi alla Pa – che vivono le peripezie della politica con un sostanziale retropensiero: ‘i governi passano, i dirigenti restano’. Qualche volta mi è venuto in mente di pensare che sarebbe meglio il contrario. Ma forse sarebbe eccessivo". In ogni caso, aggiunge il premier, "è arrivato il momento di dire con forza che una politica forte assegna dei tempi certi anche al ruolo dei dirigenti e non può esistere la possibilità che un dirigente rimanga a tempo indeterminato e faccia il bello e cattivo tempo. Fatti salvi i diritti acquisiti". Quanto al fisco, invece, ribadisce l’intenzione di portare fino in fondo la delega fiscale e detta la linea: se il fisco smette di essere "in qualche modo un nemico" e assume "i connotati di una sorta di consulenza che fa ai cittadini" a quel punto la repressione contro chi evade "deve essere durissima". E fa l’esempio di riuscire ad inviare a tutti i dipendenti pubblici e pensionati la dichiarazione dei redditi pre compilata.
Anche sul nodo giustizia, sia quella civile sia quella penale, il premier non si tira indietro e annuncia: "Credo sia arrivato il momento nel mese di giugno di mettere all’attenzione del Parlamento un pacchetto organico di riforma della giustizia che non lasci fuori niente". Un breve accenno anche ai diritti civili e alle politiche migratorie per dire che "sostenere che l’identità è il contrario dell’integrazione significa fare a pugni con la realtà" e lo ius soli deve essere preso in considerazione per quegli immigrati di seconda generazione che compiono il percorso scolastico in Italia. Su questo, in particolare, il premier ha sottolineato la necessità di non fermarsi alla rivendicazione delle diverse posizioni politiche in campo ma di "trovare il punto di sintesi possibile". Infine un passaggio sui due marò italiani "bloccati a Nuova Delhi per una vicenda allucinante e assurda", sulla quale Renzi ha assicurato " il massimo impegno personale e del governo".
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