Il G20 di Mosca cerca le ricette per ‘stimolare la crescita e creare occupazione’, il mantra della comunita’ economica mondiale diventato l’obiettivo della presidenza russa, ma dietro le cupole del Cremlino non si intravedono possibili segnali di svolta dopo la prima giornata di lavori tra i ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali delle 20 principali economie del mondo.
Oltre al tentativo di gettare acqua sul fuoco di una possibile guerra delle valute, l’unico segnale uscito finora a Mosca, padrona di casa per la prima volta del consesso finanziario, e’ quello di allentare la rigidita’ delle politiche di bilancio, ad esempio facendo slittare dal 2013 al 2016 l’obiettivo – adottato al summit G20 di Toronto nel 2010 – di dimezzare i deficit, come proposto dal ministro delle finanze russo Anton Siluanov. Una posizione cui fa eco quella del commissario europeo agli affari economici Olli Rehn, che ha ribadito la possibilita’ di accordare un certo rinvio ai Paesi Ue per ridurre i loro deficit se la crescita si deteriorera’ in modo inatteso.
Pur ammettendo che i dati Eurostat di ieri ‘erano piu’ negativi di quelli che ci aspettavamo’, il presidente della Bce Mario Draghi, che ha parlato a nome di tutto il G20 davanti al presidente russo Vladimir Putin durante il ricevimento al Cremlino, ha voluto seminare segnali di moderato ottimismo: ‘c’e’ una situazione di crescente stabilizzazione dell’attivita’ economica e segnali di fiducia, anche se a basso a livello, come ad esempio la riduzione degli spread sovrani e aziendali e della volatilita’, la ripresa dei flussi di capitale’, ha osservato, pur sottolineando che ‘in alcuni Paesi del G20 il miglioramento dei mercati finanziari non si riflette ancora nell’economia reale’. ‘Ma – ha ammonito – dobbiamo restare prudenti e continuare con le riforme in modo da evitare improvvisi cambiamenti di umore sui mercati. Dobbiamo continuare a spingere – ha ribadito – sulle riforme strutturali, che sono il primo fattore di crescita nell’ Eurozona, insieme all’aumento della domanda che arriva dal privato’. E, ha aggiunto, bisogna ‘trovare la strada’ per avere ‘piu’ credito per l’economia reale, creando lavoro e producendo crescita’. Una crescita che comunque non si puo’ creare ‘gonfiando i bilanci, anche per ragioni di equita’ sociale’.
Poi, incalzato sulla guerre delle valute, accesa dal deprezzamento dello yen, Draghi l’ha liquidata come ‘chiacchericcio sia inappropriato sia infruttuoso, in ogni caso controproduttivo’. ‘Pettegolezzi’, gli ha fatto eco il sottosegretario al tesoro Usa Lael Brainard. Una guerra ‘infondata’ anche per il direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi) Christine Lagarde, secondo cui quello che sta accadendo ora ai tassi di cambio riflette il reale valore delle valute. Per il segretario generale dell’ organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Ocse), Angel Gurria, la minaccia di una guerra delle valute ‘e’ oggi piu’ bassa che due o tre anni fa’. Difficile quindi che domani il G20, nel suo comunicato finale, vada al di la’ del monito generico del G7, isolando il Giappone. Secondo fonti che hanno partecipato ai lavori, appare difficile anche che siano indicate misure concrete di sviluppo a lungo termine per la crescita, quelle auspicate da Putin per far uscire ‘l’economia mondiale dalla stagnazione’. ‘Abbiamo un sacco di lavoro davanti a noi’, ha ammesso Draghi, riprendendo le parole dello stesso Putin.
































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