Grazie alla speculazione edilizia e alle lottizzazioni abusive ha costruito un impero che comprende l’intera Campania e arriva fino al Lazio e alla Toscana. Ad Angelo Simeoli, 70 anni, imprenditore affiliato prima al clan Nuvoletta e poi al clan Polverino, il Gico della guardia di finanza ha sequestrato beni per 800 milioni. Alberghi, appartamenti, terreni, bar, ristoranti, società: è un elenco lunghissimo quello compilato dai militari in mesi di lavoro con il coordinamento dei pm Giovanni Conzo, Raffaello Falcone e Maria Cristina Ribera.
Ricostruire il patrimonio di Simeoli, al quale è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, non è stato semplice: l’imprenditore, infatti, poteva contare su un folto numero di prestanome, alcuni dei quali incensurati. A prestanome, per esempio, aveva intestato decine di appartamenti realizzati senza concessione edilizia nella zona di Marano, a nord di Napoli: certo che non si riuscisse a scoprire l’illecito e che non si potesse risalire alla sua identità, per vendere gli appartamenti aveva organizzato una campagna pubblicitaria in grande stile; alcune persone ignare hanno già acquistato le case e si trovano ora ad affrontare un futuro incerto.
Nel corso delle indagini, i militari hanno fatto una scoperta paradossale: il cantiere per la costruzione di alcuni box in via Aniello Falcone, nel quartiere napoletano del Vomero, vantava – con tanto di cartello esposto all’esterno – l’adesione al patto antiracket stipulato tra Associazione costruttori edili napoletani (Acen), Federazione delle associazioni antiracket e carabinieri nonostante l’impresa costruttrice appartenesse a Carlo Simeoli, genero di Angelo. I box sono in fase di realizzazione al di sotto di alcuni campi da tennis, che peró non rientrano nell’inchiesta. I militari hanno invece sequestrato l’impresa costruttrice dei box, la Holding project, di cui Carlo Simeoli è amministratore unico, nonchè le quote del suolo riconducibili a lui. L’Acen, in una nota, sottolinea che la Holding project non figura tra i suoi associati, ed esclude che Simeoli, malgrado il cartello in bella mostra, possa aver aderito al patto antiracket.
Quello nei confronti di Simeoli non è l’unico importante sequestro di beni compiuto dalle forze dell’ordine. A Lamezia Terme (Cz) i carabinieri hanno sequestrato terreni, fabbricati, un albergo e una cava per complessivi 200 milioni all’imprenditore Salvatore Mazzei, ritenuto vicino alle cosche della ‘ndrangheta. Sempre i carabinieri sono entrati in azione a Messina, sequestrando beni del valore di 70 milioni a Michele Rotella, ritenuto un esponente di spicco della mafia di Barcellona Pozzo di Gotto. Proprietà per 500.000 euro sono state infine sequestrate dalla Dia nel Veronese a Domenico Multari, soprannominato "Gheddafi", ritenuto vicino alla ‘ndrangheta padovana.
Discussione su questo articolo