Pier Luigi Bersani manda avanti le trattative con il Pdl per cercare un candidato comune per il Colle in vista di un incontro, forse venerdi’ prossimo, con Silvio Berlusconi. Ma nel Pd e’ di fatto gia’ partita la battaglia congressuale, come dimostra anche l’ultimo scontro sull’Unita’ tra bersaniani e renziani. Il sindaco di Firenze, se non si andra’ a votare subito, come lui preferirebbe, e’ pronto a candidarsi per la leadership e, sulla sponda sinistra, si armano le truppe per un progetto che vedrebbe Fabrizio Barca come leader e una riunificazione con Nichi Vendola. La partita per il Quirinale entrera’ nel vivo la prossima settimana. Ma i contatti tra gli ambasciatori sono intensi anche se, spiegano fonti dem, le posizioni restano ancora distanti. L’impressione nel Pd e’ che il Cavaliere stia cominciando ad escludere il voto a giugno. E questo potrebbe aiutare la ricerca di un’intesa con il Pd sul presidente della Repubblica che consenta anche la nascita di un governo Bersani. Il paradosso e’ che, non volendo, a dare una mano al Cav. sarebbe proprio Matteo Renzi che, in base ad un sondaggio Swg, porterebbe, se candidato premier, il Pd al 36 per cento lasciando il centrodestra al 28 per cento. A fiutare aria di accordo e’ lo stesso sindaco di Firenze che, negando l’accusa mossagli di intelligenza con il nemico, sostiene che Berlusconi ‘si fida molto di piu’ di Bersani o D’Alema, e’ da tempo che si conoscono ed e’ piu’ facile che trovino un accordo tra loro’.
Il sindaco di Firenze, comunque, non ha intenzione di restare a guardare. Anche a rischio di attirarsi l’accusa, secondo Giuseppe Fioroni, di ‘dare l’idea di qualcuno che intende far saltare il tentativo’ di accordo sul Colle, criticando, come ha fatto negli ultimi giorni, le manovre di Bersani per fare un esecutivo. Posizione che l’Unita’ ha definito il ‘no di Renzi al governo Bersani’, scatenando la levata di scudi di parlamentari vicini al sindaco e la richiesta, con scuse finali, di dimissioni del direttore Claudio Sardo. A dispetto di quanto si vocifera, Renzi non ha alcuna intenzione di uscire dal Pd e farsi un suo partito ‘perche’ ce ne sono gia’ troppi’. La battaglia per la premiership la fara’ da dentro anche perche’, come spiega la fedelissima Simona Bonafe’, ‘se avessimo voluto spaccare il Pd l’avremmo gia’ fatto dopo le primarie presentando una lista alle elezioni’. Se il segretario Pd dovesse fallire e si andasse a votare, Renzi chiedera’ le primarie. Se, invece, un governo Bersani dovesse nascere, la battaglia si avra’ al congresso, dove il leader Pd ha gia’ detto che non si candidera’.
Siccome e’ evidente che il rottamatore sara’ in campo, la sinistra del Pd, ‘giovani turchi’ in testa, non stanno a guardare. Oggi Matteo Orfini rilancia la riunificazione della sinistra come ‘occasione per il prossimo congresso del Pd, che anziche’ una conta fra aspiranti leader, puo’ essere un momento in cui sanare la frattura della sinistra’. Progetto tutt’altro che peregrino per Nichi Vendola che, sull’Huffington Post, ammette che e’ tempo di ‘rimescolamento’ pur senza ‘fusioni a freddo’. E non e’ un caso che proprio oggi Fabrizio Barca fa un passo avanti. Il ministro, che sta scrivendo un manifesto, sostiene che ‘e’ ora di ricostruire un partito che ricompatti la societa” mettendo fine alla guerra ‘tra Orazi e Curiazi’. Il Pd, ‘l’unico partito del cambiamento’, sostiene Barca che ancora non ha la tessera dem, ‘al momento e’ diviso tra renziani e vecchia guardia’ mentre serve ‘un’operazione di squadra’. Un’operazione al quale il ministro lascia intendere di voler partecipare ma non ‘da curatore fallimentare’.
































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