Si osserva un clima di continuo allarmismo. Si parla ancora di Covid e si parla dei contagi che crescono, quando contano i casi di forme gravi della malattia, le ospedalizzazioni e le morti. Una malattia può contagiare novecentomila persone su un milione, ma se su quelle novecentomila persone contagiate ne morissero solo dieci, magari per altre cause, dove sarebbe il pericolo? Certo, spiacerebbe per quelle dieci persone decedute, ma il rapporto matematico parlerebbe chiaro.
La pericolosità di una malattia è determinata dalle ospedalizzazioni e dalle morti che produce. Per esempio, un virus come l’Ebola è pericoloso perché il tasso di mortalità è del 50%. Nel caso dell’Ebola Zaire, uno dei ceppi dello stesso virus, il tasso di mortalità è del 90%. Se confrontato con un virus come l’Ebola, il Covid è poca cosa, specie quello attuale, che oramai è endemico. Non se ne può più di questo clima di allarmismo.
Si parla anche della febbre del Nilo e della dengue, come effetti del cambiamento climatico. Dunque, sembra che si sia deciso di fare un combo tra virus e clima. Si può capire la prudenza (che è necessaria), ma non si può continuare a infondere il terrore. Non è possibile continuare a mettere in giro notizie che parlano di pericoli imminenti. Tutto questo allarmismo non fa bene né alla salute psico-fisica delle persone né all’economia. Basta pensare ai rapporti umani distrutti e varie attività mandate in rovina da una situazione simile.
È ora di cambiare registro. Di certo, gli psicologi online (riguardo ai quali si è scritto un articolo anche su questo giornale) possono essere di aiuto, ma se continuiamo così le vite di molte persone rischiano di essere rovinate.