Il virus West Nile è tornato a diffondersi in Italia con numeri che, almeno sulla carta, sembrano contenuti. Ma proprio come accadde nei primi mesi della pandemia da Covid-19, il timore è che la realtà sia ben diversa da quella riportata nei bollettini ufficiali.
Secondo il più recente aggiornamento dell’EFSA – European Food Safety Authority, pubblicato il 9 agosto e riferito ai dati raccolti fino al 6 agosto 2025, l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di casi confermati: 168 infezioni da West Nile Virus e 10 decessi.
I dati dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiornati al 30 luglio, riportavano 89 casi confermati, di cui 40 nella forma neuro-invasiva e 8 decessi.
Numeri sottostimati? Sì, ed è già successo
A lanciare l’allarme è il virologo Fabrizio Pregliasco, intervistato da Adnkronos, secondo cui: «Ogni caso notificato di West Nile potrebbe corrispondere a 100 o 150 casi reali».
Se questo rapporto fosse confermato, i casi reali in Italia nel 2025 sarebbero almeno 10.000, contro le poche centinaia riportate nei bollettini ufficiali. Il problema non è solo il virus, ma la mancanza di trasparenza strutturale nella raccolta e nella comunicazione dei dati.
La domanda non è più se i numeri siano sottostimati, ma quanto lo siano e perché.
È ormai noto che l’80% delle infezioni da West Nile decorre senza sintomi, e che molti dei sintomi lievi vengono ignorati o attribuiti a banali malesseri stagionali. Ma non basta questa giustificazione.
Perché non si promuove il test tra la popolazione? Come mai i dati ufficiali sono così vaghi e spesso in ritardo? Qual è il motivo che, anche a fronte di stime drammaticamente più alte fornite da esperti, nessuna istituzione si è ancora espressa in modo trasparente sul divario tra numeri reali e notificati?
È una dinamica che abbiamo già vissuto: durante la prima ondata di Covid-19, la sottostima iniziale dei contagi fu attribuita all’assenza di tamponi e ai limiti logistici. Poi si scoprì che i numeri veri, per settimane, erano stati noti ma non divulgati. Oggi, col West Nile, la storia rischia di ripetersi.
Il virus si diffonde, le persone si ammalano, ma il quadro resta opaco. Che si tratti di mancanza di strumenti, di negligenza o di precise scelte politiche o comunicative, il risultato non cambia: l’Italia sta affrontando un’epidemia sommersa, ma non ufficialmente dichiarata. E ogni test non effettuato diventa un dato in meno, un rischio in più.
L’importanza di testarsi, anche senza sintomi di evidenti
La diagnosi precoce può fare la differenza non tanto per chi avverte una febbre o un malessere sospetto, ma per chi non percepisce alcun sintomo.
“Il Test rapido West Nile Virus IgG/IgM è uno strumento diagnostico professionale pensato per rilevare in pochi minuti la presenza di anticorpi IgG e IgM specifici contro il virus nel sangue intero, siero o plasma”, dicono i responsabili di Screen Italia, che distribuisce i test rapidi ad uso professionale del West Nile.
Non si tratta infatti di test fai-da-te, ma sono destinati all’uso professionale, da parte di personale sanitario qualificato, ed è utilizzabile in ambulatori, laboratori, farmacie o contesti sanitari strutturati.
Il test, utilizzato in ambito professionale, è uno strumento rapido e affidabile per rilevare l’esposizione al virus, anche in assenza di sintomi evidenti, e sono essenziali per un rapido intervento capace di prevenire le conseguenze più gravi.
Un virus silenzioso, ma non innocuo
Il West Nile Virus si diffonde in estate tramite le zanzare e, pur essendo spesso asintomatico o lieve, può portare a complicazioni gravi: circa 1 caso su 150 evolve in encefalite, meningite o paralisi. Nel 2022, anno ad alta diffusione, si registrarono in Italia 586 casi e 62 decessi.
Il precedente Covid: un campanello che suona ancora
Nel 2020, studi condotti su base sierologica avevano stimato che i contagi reali da SARS-CoV-2 fossero da 6 a 10 volte superiori rispetto a quelli notificati ufficialmente. Il meccanismo di sottostima è identico: assenza di sintomi, accesso limitato ai test, mancata registrazione dei casi lievi.
Il rischio, oggi, è ripetere lo stesso errore con il West Nile: considerare “limitato” un fenomeno che, nella realtà, si sta diffondendo in modo più ampio e silenzioso. Il test rapido diventa quindi non solo uno strumento utile per il singolo, ma anche una chiave per la trasparenza sanitaria.































