Sono ancora di più quelle che nascono rispetto a quelle che scompaiono ma il saldo "anagrafico" delle imprese italiane (+12.681 nel 2013, +0,2%) è il peggiore degli ultimi dieci anni, nulla di simile dal 2004 ad oggi. A far segnare il segno più sono ancora settori come il commercio, il turismo e i servizi alle imprese, mentre continua il calo delle costruzioni e dei trasporti. Capitolo a parte merita poi il mondo artigiano: qui la crisi non accenna a mollare la presa e l’anno scorso si è registrato un saldo negativo di 27.893 imprese (-1,94%).
Tra le aree del Paese che soffrono di più il mancato rilancio c’è poi il produttivo Nord-Est, dove il bilancio demografico delle imprese fa segnare un -6.725 unità, unico territorio in realtà con saldo negativo anche se in tutte le altre aree, pur in presenza di numeri positivi, si registra comunque una crescita inferiore rispetto all’anno precedente, con il Centro Italia che si conferma l’area a maggior tenuta del sistema imprenditoriale (+0,74%, un valore più che triplo rispetto alla media nazionale). Più contenuti, ma sopra la media, i valori del Mezzogiorno (+0,31%) e del Nord-Ovest (+0,23%). Sono questi in sintesi i dati principali sulla natalità e mortalità delle imprese che risultano dal Registro delle imprese, diffusi oggi da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione statistica condotta da InfoCamere. In particolare le imprese nate nel 2013 sono 384.483, circa 600 in più rispetto al 2012. Quelle che hanno cessato l’attività, invece, sono passate dalle 364.972 del 2012 alle 371.802 dell’anno scorso.
– Bene il commercio (+15.260 imprese), le attività di alloggio e ristorazione (+11.618) e i servizi di supporto alle imprese (+7.723 imprese, in cui sono incluse il noleggio e le agenzie di viaggio). Sul fronte opposto, i settori che hanno visto ridursi maggiormente la propria consistenza sono stati – al netto dell’agricoltura che, soprattutto per motivi anagrafici, prosegue nella contrazione strutturale della sua base imprenditoriale – le costruzioni (-12.878 imprese), le attività manifatturiere (-5.929) e il trasporto e magazzinaggio (-1.156). Il rallentamento della vitalità dell’imprenditoria italiana risente in modo particolare dell’approfondirsi della crisi del mondo artigiano: con un saldo negativo di -27.893 imprese, nel 2013 l’artigianato ha infatti ceduto quasi due punti percentuali (-1,94%) della sua base produttiva, la contrazione in assoluto più rilevante dall’inizio delle rilevazioni statistiche di Movimprese. I dati mostrano complessivamente una tenuta del sistema imprenditoriale italiano nel 2013. E così anche se la contrazione del flusso delle nuove iscrizioni prosegue – dal 2007 ad oggi è diminuito dell’11,8% – resta il fatto che negli ultimi nove anni le nuove iscrizioni sono risultate sempre più alte delle cessazioni e che anche nel 2013 (l’anno meno brillante della serie) sono nate 1.053 imprese al giorno, a fronte di 1.018 che hanno chiuso i battenti.
A tenere sono soprattutto società di capitale e cooperative, con quest’ultime che sono cresciute del 2%, mentre a soffrine in particolar modo sono le ditte individuali e le società di persone che diminuiscono rispettivamente di 33.435 unità e 21.925 unità, anche se in termini assoluti, nel 2013 le ditte individuali hanno comunque determinato il 63,7% delle nuove iscrizioni e il 74,8% delle cessazioni complessive. Inoltre si può vedere come la lunga crisi economica continua a pesare in modo disomogeneo sui settori dell’economia italiana. Per il settore agricolo, il ridursi delle imprese (-29.797 unità nel 2013) è ormai un fenomeno che può definirsi secolare e non riconducibile agli effetti della crisi. Conseguenza certa del mancato rilancio dell’economia, invece, è l’andamento del settore delle Costruzioni che, anche nel 2013 (-12.878 unità e variazione dello stock pari a -1,4%) vede ridursi ulteriormente la propria base imprenditoriale. Bilancio negativo (soprattutto per il peso che in esso rivestono le imprese artigiane) anche per l’insieme delle attività mainifatturiere (-5.929 unità, per una variazione annua negativa dello stock prossima all’1%).
Uniche eccezioni all’interno del settore manifatturiero sono state le attività di riparazione, manutenzione ed installazione di macchine (1.478 imprese in più, per una crescita del 5,4%), le industrie alimentari (+1.119 unità, in crescita dell’1,8% rispetto al 2012) grazie alle performance sui mercati internazionali, e le industrie delle bevande (107 le imprese in più, poche in termini assoluti ma pari ad un’aumento del 2,7% di questo piccolo settore). Al netto delle industrie della fabbricazione di articoli in pelle e simili (che ha chiuso l’anno in sostanziale parità), tuti gli altri segmenti delle attività manifatturiere evidenziano un arretramento rispetto al 2012. Dal punto di vista strutturale, infine, nel complesso l’agricoltura ha visto scendere la propria quota sul totale delle imprese dal 13,5% al 13% (-0,5%), il settore secondario è sceso dal 25 % al 24,7% (-0,3%), mentre il settore terziario è passato dal 52,4% al 53,2% del totale delle imprese registrate.
































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