Forti del boom di visti per risiedere in Gran Bretagna concessi negli ultimi anni a imprenditori e ‘paperoni’ che arrivano da Paesi extra-Ue (soprattutto Cina, Usa e Russia), c’e’ chi sostiene che il ‘fenomeno’ andrebbe meglio sfruttato per portare maggiori vantaggi ai cittadini britannici e quindi i visti dovrebbero essere messi all’asta per il miglior acquirente. E’ la controversa proposta avanzata dal Migration Advisory Committee (Mac), un organo di consulenza del governo, che suggerisce di creare un sistema per cui il diritto di residenza – non di cittadinanza – venga messo all’asta in numero limitato (100) per milionari stranieri disposti a pagare di piu’ per una corsia preferenziale. Cio’ consentirebbe, ritengono, di ‘guadagnare’ di piu’ considerata la domanda che risulta elevatissima. Al momento infatti i visti vengono concessi a chi e’ pronto a investire milioni in titoli o imprese nel Paese: permettono, in cambio dell’impegno a investire uno, cinque o 10 milioni di sterline nel Regno, la possibilita’ di fare domanda per la residenza permanente rispettivamente in cinque, tre o due anni. Con l’asta pero’, si alzerebbe a due milioni l’investimento minimo al quale aggiungere una donazione obbligatoria di 500mila sterline, da ripartire tra scuole, ospedali ed enti benefici. Poi, tutto cio’ che dovesse superare i 2,5 nell’offerta andrebbe considerato come un dono filantropico e incanalato in un sistema simile a quello della lotteria nazionale.
Se adottato sarebbe il primo sistema del genere al mondo. La decisione spetta tuttavia al ministro dell’Interno (Theresa May). Un suo portavoce si e’ limitato a commentare: "Il governo ringrazia per il suggerimento che sara’ accuratamente esaminato". Mentre legali esperti del settore sollevano dubbi e critiche, affermando che una pratica simile creerebbe una sorta di ‘cultura da eBay’ attorno ai visti, rischiando irritare i britannici. Di recente, molto piu’ modestamente, l’isola di Malta ha annunciato l’intenzione di vendere i suoi passaporti a 650mila euro ciascuno. L’Ue ha gia’ chiesto chiarimenti.
































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