La prima tornata per l’elezione del Capo dello Stato si chiude con una doppia fumata nera. Ma se era ampiamente prevedibile che non si sarebbe arrivati così presto all’elezione del sostituto-successore di Giorgio Napolitano, molto meno prevedibile era che lo scrutinio di oggi avrebbe un avuto effetto così dirompente quanto quello, nientemeno, della rottura del patto del Nazareno, dovuto alla scelta unilaterale, da parte di Matteo Renzi, di candidare Sergio Mattarella, che fa infuriare Forza Italia. Democristiano della Prima Repubblica, ministro in quota alla Margherita nella seconda, attuale giudice della Corte Costituzionale, decisamente cattolico, padre della legge elettorale più apprezzata degli ultimi vent’anni, Mattarella non sarebbe stato certamente personaggio inviso di per sé al centrodestra. E infatti, per un momento, durante l’ultimo vertice mattutino tra Renzi e Berlusconi, era circolata la voce di una convergenza immediata sul suo nome: Mattarella, si sussurra, si può fare anche al primo turno.
Invece, mentre Renzi lo propone ai grandi elettori del Pd ("Ripartiamo dall’esigenza di etica e moralità, sono tante le donne e gli uomini che potevano assumere questo ruolo, ma abbiamo pensato a una persona in grado di garantire sette anni di autorevole guida al Colle") rimettendo la scelta al voto palese dell’assemblea, che approva all’unanimità, tra i forzisti cambia qualcosa: è Paolo Romani, capogruppo al Senato, il primo a sbottare che "su Mattarella non c’è nessun margine" anche se "questo non significa che si interrompe il patto sulle riforme che fin qui abbiamo sostenuto convinti della loro giustezza".
FI e Ncd, spiazzati, si riuniscono pochi minuti prima del voto, e tengono il punto: la decisione di votare scheda bianca nei primi tre turni è seguita anche dal Pd, per non bruciare Mattarella: "Speriamo di poterlo chiamare presidente entro sabato" ritratta Renzi.
A scrutinio in corso però Berlusconi in persona irrompe a Montecitorio, convoca i suoi elettori e va giù duro: "Renzi non ha rispettato i patti, Mattarella non è un candidato condiviso e a questo punto anche il patto del Nazareno è stracciato". Il che vorrebbe significare un brusco stop alle riforme, sia quelle costituzionali che quella delle legge elettorale. Il governo invece regge, perché anche se il Nuovo Centrodestra non gradisce il metodo, per ora non intende sfilarsi dall’esecutivo ("Inaccettabile l’imposizione, ma Mattarella sarà un presidente degnissimo" dice Alfano).
Venerdì si va avanti a colpi di schede bianche, a meno di ripensamenti di Berlusconi ("Sono basito dal suo possibile suicidio – ragiona il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti – Forza Italia rischia di chiamarsi fuori da quella che potrebbe essere l’elezione più condivisa, se il Movimento 5 Stelle decidesse di convergere su Mattarella, contro il quale non mi pare possano avere nulla"). Quanto ai Cinque Stelle, dei nove nomi sottoposti al vaglio della Rete, è Ferdinando Imposimato a spuntarla: sarà il loro candidato a risultare anche il più votato al primo scrutinio (120 voti, Feltri 49 con qualche cadeau forzista). Ma dalla quarta votazione in poi i voti grillini, convergendo sul nome di Mattarella, potrebbero risultare decisivi.
































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