Non corrisponde alla realta’ dei fatti che sia una libera scelta quella delle giovani straniere in vendita sui viali delle nostre periferie. "Nessuno – scrive oggi il quotidiano cattolico Avvenire – puo’ piu’ dire di non sapere. Quante volte in questi anni sono affiorati, nelle storie giudiziarie e nelle cronache dei reporter, gli occulti retroscena del reclutamento, del trasporto clandestino, dell’inganno col miraggio del lavoro, dei documenti sequestrati, del debito da riscattare, delle minacce ai familiari rimasti al villaggio, delle percosse e sevizie, dei commerci persino di ‘rivendita’ fra bande, dei corpi delle schiave". E dunque, denuncia l’editoriale a firma del magistrato Giuseppe Anzani, "la pretesa liberta’ del cliente e’ nient’altro che lo stupro prepagato".
Per il quotidiano dei vescovi, infatti, non vale l’argomento che "siamo un Paese libero: liberi clienti di libere prostitute. Io pago, che problema c’e’?". Perche’ si sta "liberamente stringendo il laccio al collo di un essere umano, il cappio di una prenotata servitu’, infame e crudele, allestita per i liberi utenti finali da un racket criminale senza nome". E se "non c’e’ violenza" e’ solo perche’, afferma l’articolo, "non occorre piu’, non ne occorre altra, dopo la violenza sulla vita, lo stupro iniziale aperto su cui scivolano gli altri infiniti episodi degli innominati clienti. Forse peggio che stupratori, loro, sciacalli d’uno stupro avvenuto".
Avvenire appoggia per questo "l’idea di una misura di contrasto per legge" a "una servitu’ infame, socialmente inaccettabile, perche’ non c’e’ la liberta’ di fare schiavi. Non c’e’ neppure la liberta; di lasciarsi far schiavi". E ricorda che "la Svezia, non un Paese bacchettone, ha messo in legge la sua tariffa penale sui clienti della prostituzione: sei mesi di carcere. E la prostituzione e’ crollata. Il 75 per cento della gente si dice d’accordo".
"Forse anche da noi – ipotizza il giudice Anzani – l’accordo potrebbe raggiungersi, se la coscienza fosse un poco piu’ illuminata, se non ne facessimo un problema di puro ordine pubblico (‘l’importante e’ che non si veda’) ma di civilta’. Imparando dagli svedesi la lezione: hanno scritto nell’articolo 1 della loro legge che ‘la prostituzione e’ una forma di violenza dell’uomo verso la donna", una testimonianza di "civilta’, finalmente".
Nell’editoriale, Avvenire ricorda anche le soluzioni tentate in questi anni in Italia in sede locale, "con i sindaci a fare ordinanze di multe stradali. Come se si trattasse di un repulisti di superficie, intermittente e perdente, senza toccare la radice del problema", mentre "alla radice era andato un uomo con la risolutezza mite e inflessibile dei profeti e la carita’ dei santi di strada, don Oreste Benzi". "La avvenuta ‘bonifica’ d’un’intera riviera era stata – spiega il giornale della Cei – il frutto di una azione di salvataggio di centinaia e centinaia di donne riscattate, liberate". Raccogliamo la sua eredita’ e poniamo fine, conclude, a "questa schiavitu’ che mette in vendita sui marciapiedi delle nostre citta’ persino le bambine. E senza piu’ digressioni sul divario fra le ragioni etiche cogenti e la sufficiente grettezza pratica della legge penale: c’e’ in gioco la vita, la liberta’ e la dignita’ di migliaia di donne".
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