Sarebbe semplice dire: è mio cugino, sua mamma e io siamo figli, rispettivamente, di una sorella e di un fratello della numerosa e valorosa famiglia Lanza. Ma non è proprio così. Ci conosciamo relativamente poco, non ci frequentiamo, abbiamo perfino litigato una volta, ovviamente per colpa mia. Alfio mi piace perché è un’anima che a me sembra innocente e pura, tipo Forrest Gump, e spero che non si offenda, perché ammiro molto i Forrest Gamp della vita. La sua innocente naiveté è dimostrata dall’incomprensibile infortunio, se tale si può chiamare, della Ferrari parcheggiata per poi entrare in una utilitaria. Se avete visto le spiegazioni di Alfio da Lilli Gruber, sicuramente metterete la mano sul fuoco, come me, sulla sua integrità.
Oggi leggo che “L’Espresso”, giornale che apprezzo molto, ottimamente diretto da Luigi Vicinanza, gli butta addosso un rosario di legittime domande sui suoi affari immobiliari. Ma io giurerei, per istinto e conoscenza, che Marchini è un galantuomo, per di più tormentato nella vita da drammi familiari che non voglio citare. Qual è dunque la conclusione?
Consiglierei ad Alfio, se me lo avesse chiesto, ma non lo ha fatto (avrà le sue ragioni), di farsi assistere da persone integre sì, ma anche esperte di politica. L’unico timore che ho è semplice: nel nido di vipere che insidia il Campidoglio, all’interno e all’esterno, un uomo idealista come lui potrebbe essere ingannato, e così si dice, “preso in mezzo” a inevitabili cattive compagnie. Ha un solo modo per difendersi, prima e dopo le elezioni. Assoluta trasparenza. Guidi pure la Ferrari, tutti sanno che può permettersela. Ma su bilanci, affari, amicizie e sconcertanti rapporti di alleanze, lo obbligherei, ma non sarebbe necessario, a dire tranquillamente tutto di sé e a rendere nitido ciò che può apparire confuso.
































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