Pasqua italiana. Piena di tante cose, miseria e nobiltà, viaggi, divertimenti, preoccupazioni, suicidi. Pasqua piena di tutto, non più di abbuffate a tavola. Spenderemo alla fine la stessa cifra dell’anno scorso, ma consumeremo di meno. Cala la quantità, un obbligo mettersi a stecchetto. Anzi di più, una conseguenza della crisi economica. I soldi sono sempre gli stessi, cala il loro potere d’acquisto, così non riusciamo più a comprare la stessa quantità delle stesse cose. Tra il 5 e il 7% in meno rispetto alla Pasqua 2011. E c’è chi consiglierebbe di rivolgersi addirittura al Papa, per un intervento.
Secondo gli allarmisti (un partito in forte crescita, però), il Governo sarebbe colpevole di omicidio. Gli imprenditori non riescono più a reggere il peso dei guasti e dei danni prodotti dai politici. C’è questo dietro i numeri dei consumi in questo week end di Pasqua. L’onorevole Di Pietro questo sostiene: Mario Monti, il premier, avrebbe sulla coscienza i recenti morti italiani. Il numero dei suicidi è cresciuto da 150 a 187, con un incremento purtroppo del 24,6% tra il 2000 e il 2010. Prevale, come tendenza, la Pasqua del mordi e fuggi. Ma sì, la tipica toccata e fuga. La crisi impone prudenza nelle spese, non è più tempo di allargamenti e di vacanze clamorose all’insegna dell’opulenza e del "chi se ne frega dei soldi". Invece no, abbiamo imparato doverosamente a fare di conti, a limitarci. Fiavet, nel Lazio, segnala e denuncia un vistoso e allarmante meno 25% nelle prenotazioni per le festività pasquali. Sì, d’accordo, esiste pur sempre l’istituto del "last minute", ma ormai sembra tardi per riparare. I numeri sono quelli che sono, impietosi nel loro linguaggio. La crisi si avverte a pelle, non c’è bisogno di andare a leggere i dati; tantomeno analisi e interpretazione portano sorprese piacevoli. Il contorno ai numeri, poi. Ovvero la scena italiana, al di là della tavola apparecchiata per Pasqua.
A Napoli, nella centralissima piazza del Plebiscito, davanti alla Prefettura, un uomo ha minacciato di diventare torcia umana. Voleva darsi fuoco, poco prima dell’arrivo del premier Monti. L’uomo, 50 anni, aveva in mano una bottiglia di plastica piena di benzina e un accendino da cucina. "Non voglio chiedere la carità, voglio solo vivere in maniera dignitosa". La faccia disperata dell’Italia nei giorni delle festività pasquali. Tempo instabile, precipitazioni sporadiche annunciate sul versante tirrenico, agiscono indubbiamente da freno. Annacquano l’entusiasmo di chi vorrebbe mettersi in marcia verso località turistiche o in direzione di mete non lontane, fuori porta. Tempo incerto scoraggia i vacanzieri dell’ultimissima ora, spegnendo la loro volontà di spendere i pochi soldi rimasti, ancora disponibili.
La tendenza è questa: oggi la partenza, il rientro lunedì sera, al più tardi martedì mattina. Ma dove si sono diretti gli italiani con un po’ di moneta a disposizione? Intanto, l’aeroporto di Fiumicino ha imbarcato 230mila passeggeri in due giorni. Spadroneggia, ovviamente, la formula del "last minute". Ma le destinazioni? Cancun, nello Yucatan, in Messico, e l’Havana le privilegiate. In forte ripresa Egitto, Mar Rosso, Stati Uniti, Brasile, Venezuela. No, Santo Domingo no, è in ribasso. Il "mordi e fuggi" è una cosa che riguarda soprattutto le capitali europee. Parigi, Praga e Londra rappresentano le destinazioni preferite dagli italiani festaioli e turisti frettolosi o di quelli costretti a fare patti con la propria tasca. Alitalia, per dire, dà i suoi numeri: la previsione è di trasportare milioni di passeggeri nel ponte pasquale. A tavola la crisi è servita.
Complici benzina e gasolio, compagni di viaggio maledetti dagli italiani del rincaro dei prodotti alimentari, contribuiscono all’aumento dei prezzi. L’equazione finale è quella sopra evidenziata: il budget è lo stesso dello scorso anno, inferiore è la quantità degli acquisti. I più colpiti le uova di cioccolato, aumentate dal 5 all’8%, l’agnello (+ 6%), gli insaccati (+10%), e la pizza rustica al formaggio, 4% in più rispetto ai prezzi del 2010. A conti fatti, secondo Cia, la confederazione italiana degli agricoltori, in queste festività spenderemo 280 milioni per pane e pasta, 650 milioni per i formaggi, 800 in salumi e insaccati, 290 in prodotti ortofruttticoli, carciofi, asparagi, radicchio e legumi. E via andare: 200 milioni per l’olio d’oliva, 610 milioni in vini e spumanti, 500 per le uova di cioccolato e le colombe pasquali. Impressionante è il numero delle uova impiegate nella settimana di Pasqua: 500 milioni per la preparazione di pizze, torte e quant’altro. In media ogni italiano consuma otto uova nella settimana di Pasqua. La spesa complessiva è di 135 milioni. Il caro benzina consiglia (e impone) spostamenti brevi.
La conseguenza è sotto i nostri occhi d’italiani attenti: si registra il trionfo della campagna e degli agriturismi. Duecentomila italiani hanno preso d’assalto i 20mila agriturismi presenti nella penisola. Prevale, per gli sportivi, la tendenza a concedersi giornate di equitazione, tiro con l’arco, trekking, magari piene anche di percorsi archeologici e naturalistici. Almeno sotto questo aspetto, la crisi fa bene. Ma solo così, per il resto è una pena. Il soldo ha smesso di girare. Laddove girano tuttora, e alla grande, i piatti tipici regionali, i cosiddetti sapori del territorio. Preferiamo mangiare cosa in questi giorni abitati dalla crisi che evoca acute nostalgie? Mangeremo i piatti nostri, tutti indimenticabili. Gli gnocchi filanti e il capretto langorolo in Piemonte; in Veneto i "vovi" e gli "sparsi", uova sode colorate con erbe di campo; il macinato di agnello in Trentino. Ghiottonerie salate e dolci, la pastiera napoletana solo a mo’ d’esempio e simbolo. Le pappardelle al ragù di coniglio, le insalate tipiche, la caratella d’abbacchio con carciofi alla romana, la pizza al formaggio, il "cutturiddu", l’agnello cotto con le erbe delle Murge, e tanto altro ancora. Comunque, buon appettito. Senza doverci preoccupare di non esagerare: la quantità è diventata un tabù sulla tavola degli italiani.
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