L’oro precipita sotto i 1.400 dollari l’oncia sui mercati internazionali, toccando i minimi da marzo 2011, il petrolio continua a calare ma i grandi gruppi specializzati nel trading delle materie prime possono comunque rallegrarsi per gli strepitosi successi che hanno raggiunto finora. Negli ultimi dieci anni, infatti, grazie al boom delle commodities, i big del settore hanno incassato complessivamente l’incredibile somma di 250 miliardi di dollari.
Un’inchiesta approfondita e dettagliata del Financial Times, la prima del suo genere in questo campo, rivela che dal 2003 l’utile netto di queste societa’ e’ stato superiore a quello delle grandi banche di Wall Street messe insieme, a quello di un gigante come General Electric e anche maggiore di quello di Toyota, Bmw, Ford, Volkswagen e Renault messe insieme, beneficiando dell’ascesa della Cina e degli altri Paesi emergenti.
Tra i giganti del settore, che operano nelle contrattazioni di materie prime come oro, petrolio, grano, caffe’, zucchero, spiccano l’anglo-elvetica Glencore, le olandesi Vitol e Trafigura, le americane Adm e Cargill: quest’ultima non e’ quotata in Borsa ed e’ considerata l’azienda a controllo familiare piu’ grande del mondo; quindi le giapponesi Mitsubishi e Mitsui, la francese Louis Dreyfus Commodities, la Wilmar di Singapore e la Noble Group di Hong Kong. Tutti nomi, questi, per lo piu’ sconosciuti al grande pubblico, spiegano gli analisti, ma che hanno raggiunto un livello di influenza e potere nell’ultimo decennio mai visto prima. L’anno scorso il fatturato complessivo di questi dieci gruppi e’ volato a 1.200 miliardi di dollari, pari quasi al Pil di Spagna o Corea del Sud. I ricavi della sola Vitol nel 2012 sono schizzati a 303 miliardi di dollari, poco meno del Pil della Danimarca.
Secondo i critici, l’improvvisa impennata dei guadagni di questi gruppi e’ dovuta esclusivamente a manovre speculative che provocano distorsioni nei prezzi dei generi alimentari e delle materie prime. E quindi spingono per una maggiore trasparenza sul modus operandi del settore. L’indagine del quotidiano londinese evidenzia tuttavia che anche l’industria delle commodities ‘sta affrontando dei venti contrari’ a causa della crisi e del rallentamento della crescita nei paesi emergenti, ed una piu’ intensa e crescente competizione. Negli ultimi anni i colossi bancari di Wall Street e della City hanno aperto divisioni per il trading delle commodities. JPMorgan e Morgan Stanley, ad esempio, scambiano ingenti volumi di materie prime.
L’anno scorso l’utile netto di Glencore e’ sceso a 3,06 miliardi di dollari dal record di 5,2 miliardi del 2007.
































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