Ritengo che il rammarico e la vergogna, espressi dagli amici e colleghi di Accademia, Roberto Pepe e Giorgio Segala, con la lettera del 23 gennaio, per come è stata condotta dalle autorità italiane la questione dei due Marò, sia pienamente condivisa dalla maggior parte degli italiani. Purtroppo l’assenteismo dei nostri "governanti" quando c’è di mezzo la "pelle" dei militari fa parte ormai della storia e si ripete ogni qual volta se ne presenti l’occasione e in particolar modo quando prevale l’interesse ideologico e quello personale e/o di casta.
Un caso emblematico è la targa che Bertinotti fece mettere alla Camera in memoria di un ragazzo che mascherato cercava di fracassare la testa ad un carabiniere, che per difendersi gli sparò uccidendolo. Il ragazzo passò per un eroe ed il carabiniere venne messo alla berlina da tutta la sinistra e dato in pasto alla magistratura, la quale alla fine lo assolse. Che vergogna!
L’attuale atteggiamento verso la disavventura dei due Marò mi fa venire in mente la risposta che diede Togliatti (il Migliore) il 15/2/43 a Vincenzo Bianco, dirigente comunista, che gli chiedeva di intervenire presso le autorità sovietiche al fine di evitare la morte di migliaia di soldati italiani tenuti prigionieri. La risposta fu: “se un buon numero di prigionieri italiani muore in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo niente da dire. Il fatto che per migliaia e migliaia di famiglie la guerra di Mussolini e, soprattutto, contro la Russia, si concluda con una tragedia, con un lutto personale, è il migliore ed il più efficace degli antidoti".
Caro Roberto, tu parli di orgoglio nazionale e militare portato sotto i tacchi, ma ti sbagli: una certa classe politica e certi italiani questo orgoglio se lo sono giocato già da un bel pezzo per un misero piatto di minestra avariata o, forse, non lo hanno mai avuto.
































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