Negli anni sessanta un viaggio in India era il sogno di giovani hippies in cerca di esperienze liberatorie; col tempo, le tendenze modaiole importate dai vip americani perennemente in trasferta ne hanno fatto la meta preferita di quanti si affannano ad imitarli: desiderio di carpire i segreti di antiche pratiche religiose e di tuffarsi in un paesaggio anche umano suggestivo, traendone beneficio spirituale. C’è anche chi associa l’India al Tibet e si convince di poter portare a casa la "benedizione" del Dalai Lama o almeno un suo autografo. In gara con i divi californiani, le stelle di Bollywood hanno invaso il mercato cinematografico e la ricchezza da "mille e una notte" delle caste privilegiate fa impallidire i nostri paperoni. E’ questa l’India? Non per me.
Per me l’India di oggi non è il Paese di Gandhi e del suo mito, nè il crogiolo di guru e di santoni innocui e folckloristici ad uso e consumo dei turisti; non è il Paese forgiato da un imperialismo britannico pesante ma comunque civilizzatore, ma una dittatura supponente e rancorosa che nella ricerca del riscatto mondiale mira a raggiungere il primato assoluto e se ne infischia altamente dei diritti umani e civili dei popoli. Cominciando dal suo, diviso tra le superstizioni dei mille villaggi ancora primitivi e le ambizioni sfrenate dei nuovi potenti padroni del business e delle leggi: leggi piegate alla volontà di chi comanda, di chi opera in modo da garantire impunità agli stupratori e ai carnefici di giovani donne seviziate e uccise. E al tempo stesso irridere il diritto internazionale e mostrarsi implacabile e perfino contraddittorio dinanzi alla vicenda dei nostri marò.
Che Paese è mai questo? Come possono dei giudici degni del loro ruolo arrivare a minacciare di morte i nostri militari in servizio antipirateria, facendo riferimento a leggi "proprie" sulla pirateria? Abbiamo capito bene? Vuoi vedere che alla fine, questi signori della guerra, saranno capaci di dire che i pirati erano i nostri due marò? L’ipotesi non è poi così peregrina, se è vero come è vero che le prossime elezioni in India possono scatenare l’estremismo nazionalista fino a ribaltare qualsiasi verità. E che significato possiamo dare a queste continue "sparate" della stampa indiana che non consideriamo affatto indipendente? Quanto durerà questa crudele dimostrazione di potere delle autorità indiane? Latorre e Girone e le loro famiglie stanno vivendo da tempo un terribile incubo, nella più vile incapacità delle nostre istituzioni. Tanto distante è l’Europa? Così ridicola l’Italia nelle sue pretese di giustizia?
Se potessi agire a modo mio, boicotterei in ogni modo gli interessi di quel Paese, con un embargo ad ampio raggio, dal turismo al commercio alla moda alle nostre imprese più accreditate, alle eccellenze del made in Italy; e per finire, rimanderei a casa tutti gli indiani (incolpevoli) che si sono costruiti una vita qui. Vendetta, tremenda vendetta. Non sono sicura però di poter prevedere le conseguenze di decisioni così gravi. E scatenare una guerra non servirebbe a riportare a casa i nostri marò. Armiamoci di pazienza e di speranza.
































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