Dopo una fase di rallentamento, le esportazioni italiane tornano a crescere, trainate dalla capacità delle imprese di aprire nuove rotte commerciali e di adattarsi a un contesto globale in rapida trasformazione.
A sottolinearlo è un’ampia analisi di Milano Finanza, che ricorda come l’export resti il vero motore del Pil nazionale, incidendo per circa un terzo sulla ricchezza prodotta nel Paese.
Secondo i dati presentati da Sace alla Conferenza nazionale dell’export, nei primi dieci mesi del 2025 le vendite all’estero sono aumentate del 3,4% su base tendenziale, spinte in particolare da settori di eccellenza come il farmaceutico e i mezzi di trasporto.
Il saldo commerciale si conferma solido, con un avanzo vicino ai 40 miliardi di euro.
La chiave di questa ripresa è la diversificazione geografica. Se l’export continua a essere uno dei principali fattori di crescita dell’economia italiana, la vera sfida oggi è ridurre la dipendenza dai mercati maturi e rafforzare la presenza nei cosiddetti “mercati del futuro”, dove l’Italia non si limita più a esportare prodotti, ma propone competenze, tecnologie e partnership industriali.
Tra le aree più promettenti figurano l’Arabia Saudita, con i suoi grandi progetti infrastrutturali, e gli Emirati Arabi Uniti, seguiti da economie ad alto potenziale come India, Brasile e Vietnam.
In questi Paesi la domanda di Made in Italy si orienta sempre più verso settori strategici come le energie rinnovabili, l’aerospazio e la digitalizzazione.
«In un mondo che cambia rapidamente, diversificare non è più un’opzione ma una necessità strategica», spiega Alessandro Terzulli, chief economist di Sace. Ed è proprio su questa capacità di adattamento che si gioca la competitività futura delle filiere italiane, chiamate non solo a proteggersi dai rischi, ma a conoscere a fondo i mercati per trasformare la qualità dei propri prodotti in una presenza stabile, duratura e strutturata a livello globale.































