La rielezione di Napolitano alla presidenza della Repubblica, non solo costituisce un fatto lodevole in sé, ma è stata determinante a provocare un reale chiarimento politico. La crisi in cui è piombato il Partito Democratico, è la conseguenza delle diverse anime e delle inconciliabili differenziazioni che aveva al suo interno. Se ne possono indicare molte. I postcomunisti versus i postdemocristiani. Le vecchie generazioni versus quelle nuove. Tuttavia ciò che in realtà ha provocato l’affossamento delle candidature di Marini e di Prodi, è stato il contrasto tra coloro che in questa situazione capivano la necessità di un accordo bipartisan con il Pdl, contro coloro che ad ogni costo volevano lo scontro e la sconfitta (in cuor loro definitiva) di Berlusconi. Questo è stato reso evidente anche dagli interventi di alcuni supporter esterni del Pd, come Massimo Giannini di Repubblica, vero campione di faziosità, che è andato in tv solo per fiancheggiare i secondi.
Il chiarimento finalmente c’è stato. I parlamentari del Pd che hanno votato contro la rielezione del Presidente, si sono infatti uniti al gruppo minoritario di Vendola e compagni. Possiamo solo compiacercene. Almeno così si è chiarita la loro effettiva collocazione all’estrema sinistra, che in tanti cercavano di contrabbandare sotto l’insegna di un partito che dovrebbe essere socialdemocratico.
Ma c’è di più. Le trattative per l’elezione presidenziale prima, e le reazioni al suo esito poi, hanno reso ancor più evidente la natura del movimento di Grillo, che è populista, barricadero, e inesorabilmente estremista. Per loro varrebbe una pseudo-democrazia assembleare e plebiscitaria, da esercitarsi con i megafoni nelle piazze per ottenere consensi, e da dirigere poi in luoghi appartati e chiusi ai non adepti, sotto la guida di un demagogo che, nella sua zucca nascosta da un casco, ha in testa idee assolutamente perniciose: il rifiuto della Tav e delle altre infrastrutture, il blocco della costruzione di centrali elettriche di ogni tipo, il pauperismo pseudo-ecologista, il reddito di cittadinanza, e via sproloquiando.
Purtroppo molti cittadini italiani, attanagliati dalla più lunga e grave crisi economica del dopoguerra, trovano attrattivi gli slogan urlati da Grillo e le sue intenzioni rivoluzionarie. Vi è qualcosa di simile a quanto accadde in Russia nel 1917, in Italia nel 1922, in Germania nel 1933, e in Venezuela nel 1998.
Rodotà non sarà un estremista pericoloso (anche se riteniamo che sia stato deleterio il suo rifiuto a inserire nella Costituzione europea un riferimento alle nostre radici cristiane), però la sua elezione avrebbe rappresentato la vittoria di Grillo e del suo progetto politico radicale. Nell’occasione odierna, quindi, dobbiamo rallegrarci che, almeno per oggi, abbiamo scampato un grave pericolo. E fa piacere, a noi che differiamo e diffidiamo di Vendola e Grillo, sapere che non siamo ancora circondati e che non dobbiamo arrenderci. Ma è stata unicamente la vittoria di una battaglia, e la guerra continua. Speriamo solo che a capo del governo non arrivi un novello Badoglio.
































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