Nell’anteriore scritto sull’economia europea, avevamo indicato come sia stato grave il mancato adeguamento delle diverse economie e condizioni di lavoro, nei confronti dei paesi dell’Oriente, che avrebbe dovuto precedere la totale apertura delle frontiere commerciali. Oggi dobbiamo fare un discorso simile per l’Italia, nei confronti dell’Unione Europea e dell’area dell’euro.
Anche in questo caso le condizioni erano molto diverse. L’Italia si trascinava il peso di un debito pubblico esorbitante e si dovettero fare equilibrismi per nascondere le nostre inadempienze, rispetto ai requisiti necessari per consentirci l’ingresso.
Come pregi, la moneta unica ci ha offerto la protezione nei confronti dell’inflazione, che nei decenni precedenti aveva falcidiato il potere di acquisto dei salari e delle pensioni, e le regole della UE hanno impedito ai nostri politici di continuare ad aumentare la spesa pubblica, scaricando sul futuro la responsabilità di appianare i deficit crescenti.
Come difetti, la UE e l’euro hanno quello di non consentirci più di migliorare la nostra competitività mediante gli interventi sulla lira, e quello di mettere in diretta concorrenza la nostra economia con paesi che hanno strutture pubbliche più efficienti.
Quel che è più grave, mentre noi rinunciavamo alla nostra sovranità monetaria, abbiamo dovuto continuare a retribuire le nostre passività a tassi maggiori rispetto agli altri. Fino al punto che, con l’uso truffaldino del famigerato spread, si arrivò addirittura a far saltare l’ultimo governo eletto dagli italiani.
In Europa dobbiamo competere con armi dissimili, in primis con la Germania, perchè abbiamo infrastrutture arretrate, che limitano le potenzialità del turismo, una giustizia lenta e inaffidabile, un’eccessiva pressione fiscale, e una burocrazia asfissiante, che ostacolano le eccellenti capacità e la buona produttività delle nostre imprese, e allontanano gli investimenti.
E’ vero che l’euro e la UE, senza un’unione politica, restano conquiste parziali e non totalmente realizzate. Ma il cammino verso un governo centrale, se mai ci si arriverà, è ancora lungo e imprevedibile.
Che fare quindi, nei confronti dell’Unione Europea e dell’euro? Uscirne? Esiste la tentazione di dire di sì. Liberi di gestire la nostra economia tornando alla lira, potremmo in teoria trarne dei vantaggi. Ma, crediamo, solo in teoria. Immaginate le nostre autorità governative, con licenza di gestire i bilanci senza i vincoli comunitari. Ci sarebbe da prevedere il peggio.
Occorre inoltre considerare molto seriamente che una nostra uscita significherebbe la rinuncia al grande ideale dell’Europa, per il quale lottarono politici migliori degli attuali. Essendo l’Italia uno dei fondatori e dei paesi principali, la nostra defezione non sarebbe indolore e provocherebbe a cascata una serie di guai.
In merito all’attuale governo italiano, occorre dire che, dopo le iniziali aspettative e le poche decisioni positive, si è dimostrato preoccupato soprattutto della propria sopravvivenza, ed ha dedicato buona parte del suo tempo a disegnare e a fare approvare una riforma costituzionale che non ci convince. La maggiore flessibilità appena accordataci dalla Commissione europea è una buona notizia, ma probabilmente non sarà sufficiente. Intanto la povertà in Italia sta crescendo e la disoccupazione, soprattutto giovanile, rimane a livelli intollerabili.
Nei confronti dei problemi della giustizia (a parte le scaramucce con alcuni magistrati), il governo non ha fatto nulla di sostanziale, anzi, per alcuni versi, ha peggiorato le cose. La burocrazia dorme sonni tranquilli, in mezzo alle sue pile di carte. E la pressione fiscale è stata ritoccata con il temperino, mentre sarebbe necessaria l’accetta.
Non approviamo poi la legge sulle unioni civili, e voteremo no se ci sarà un referendum, anche a costo, vista l’occupazione della Rai e dei principali giornali da parte dei malchiamati “progressisti”, di essere tra i perdenti. Infine non siamo assolutamente d’accordo con la tollerante politica di Renzi e di Alfano nei confronti dell’immigrazione illegale.
In conclusione, facciamo bene a restare nell’euro, ma dobbiamo ottenere dalla UE maggiori modifiche alle condizioni che ci richiedono, oltre alla cessazione delle assurde sanzioni alla Russia e una concreta collaborazione nell’affrontare gli arrivi dei migranti. Questo tuttavia non ci esime dalla pressante necessità di correggere le nostre manchevolezze e i nostri problemi, che sono ben noti e che nessuna autorità europea ci potrà mai risolvere.
































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