Marco Fedi, deputato Pd alla sua terza legislatura, residente in Australia, intervistato dal nostro Emanuele Esposito, traccia un bilancio dei primi mesi del suo mandato: “Credo sia superfluo ricordare che sette mesi di legislatura, di cui i primi due trascorsi a completare gli assetti istituzionali e cinque di Governo, siano davvero pochi per poter far partire un piano di proposte e riforme. Possiamo valutare, invece, proprio i passaggi iniziali del Governo Letta in questi cinque mesi. Trovandoci in una condizione di oggettiva impossibilità a formare un Governo sulla base della indicazione degli elettori, costretti quindi alle larghe intese, avremmo potuto utilizzare questa straordinaria opportunità per indicare le linee programmatiche del Governo per gli italiani nel mondo. Abbiamo fatto un tentativo come Pd, ma non siamo riusciti a svolgere un’azione comune. Non tanto con il PdL che, ridotto ai minimi termini nella rappresentanza, insensibile ai temi degli italiani nel mondo, incapace di produrre una seria azione di Governo per quattro lunghi anni, intento unicamente ai tagli ai capitoli di bilancio ed alle chiusure consolari, ma con Scelta Civica e il MAIE avremmo potuto chiedere una più incisiva delega e un programma più ricco che la sola ‘valorizzazione’ delle comunità che rischia sempre più di apparire come un vuoto slogan. Non lo abbiamo fatto insieme e abbiamo commesso un errore. Il Pd ha fatto un tentativo, tutto interno, fallendo. Per il resto la storia è personale. Ho lavorato intensamente a proposte di legge, tra cui quella sulla cittadinanza discussa con il Ministro Kyenge, così come ho proposto l’introduzione di un consiglio per l’integrazione dei migranti. Ho lavorato sul tema delle nuove mobilità, delle pensioni, dei diritti sociali e della riforma della promozione di lingua e cultura nel mondo”.
In questi ultimi tempi si parla spesso della abolizione della circoscrizione estero, proposta dai saggi: lei non crede che forse sia meglio così, visto i risultati dei 18 eletti in questi anni?
“Credo che il problema non possa essere quello dei risultati. È possibile, per chiunque, pensare a risultati positivi quando, ad esempio durante il Governo Berlusconi, si è solo tagliato, tagli lineari, senza fare riforme? È possibile trovare soluzioni eque e giuste se i Governi non ascoltano? La questione non può essere posta in termini di risultati, anche perché un risultato positivo, per la crescita e lo sviluppo, ha un valore per tutti, anche all’estero. Rendere l’Italia nuovamente competitiva, favorire l’occupazione e rafforzare le scelte europee, inclusa la moneta unica, rafforza tutti, anche gli italiani nel mondo. In altre parole non siamo sindacalisti degli italiani nel mondo, né corporativi, ma crediamo nella globalità delle idee e delle soluzioni. Gli italiani nel mondo, nuova e vecchia emigrazione, sono parte di questa dimensione mondiale. In questo senso potremmo ancora essere utili. Ma non siamo indispensabili e soprattutto non piangeremo. Ce ne faremo una ragione. L’importante è garantire l’esercizio in loco del diritto di voto. Poi discutiamo della rappresentanza diretta.
Esistono due livelli di riforma. Il primo costituzionale. In questo senso si può mantenere l’attuale assetto (18 parlamentari eletti dall’estero, 12 deputati e 6 senatori) oppure eliminare la rappresentanza diretta. Se la si elimina occorre avere altre soluzioni altrimenti automaticamente si torna alla condizione in cui si aveva il diritto di voto ma per esercitarlo occorreva rientrare in Italia! L’esercizio in loco del diritto di voto, invece, è per noi irrinunciabile. La condizione del rientro in Italia è ingiusta, discrimina i cittadini italiani che vivono e lavorano all’estero, è incostituzionale ed andrebbe estesa anche ai temporaneamente all’estero.
Il secondo livello riguarda le modalità di voto. In altre parole, deciso chi vota e da dove, si decide come. Qui è possibile tentare di migliorare il voto per corrispondenza, con una serie di accorgimenti tecnici già contenuti in proposte di legge presentate, oppure adottare il voto nei seggi. Sono d’accordo che rimanere fermi è la peggiore conclusione”.
La chiusura dei Consolati, decisione che non è stata presa da questo governo, ma dai governi precedenti: cosa avete fatto in questi anni per evitare che diverse sedi diplomatiche nel mondo chiudessero? Sappiamo che lei ha presentato una raccolta di firme per il consolato di Adelaide: pensa che sia sufficiente?
“Noi intendiamo continuare con la campagna contro la chiusura di Adelaide e Brisbane: non si tratta di una scelta corporativa o campanilistica. Si tratta di due cittadine che distano migliaia di chilometri dai consolati riceventi. Si tratta di una pessima scelta, che non produrrà risparmi e che condanna intere generazioni di nuovi migranti all’assenza di sostegno e tutela diretta. E ciò avviene oggi che l’emigrazione torna ad essere una scelta di tanti giovani italiani. Le ottomila firme sono solo l’inizio. Non sono certo dell’esito, ma sono certo che continueremo a indicare i responsabili politici, Bonino e Dassù, e il Governo Letta, e i responsabili amministrativi, la Farnesina. Abbiamo una proposta alternativa, che si muove secondo i parametri della spending review, cioè tagli ragionati, riducendo l’ISE, l’indennità di sede dei diplomatici, e abbiamo una proposta di distribuzione del personale che prevede più personale a contratto e meno personale di ruolo da Roma. Le agenzie consolari, in fondo, sono proprio tutto ciò”.
Come sono i rapporti con i suoi colleghi parlamenti eletti all’estero, c’è collaborazione?
“Nessuna vera forma di collaborazione. Collaborare, da posizioni politiche divergenti, è sempre difficile. Farlo su temi specifici, come gli italiani nel mondo, in un momento di crisi e in una condizione obbligata di finanza pubblica, in cui alcune scelte non possono essere discusse, aggiunge altre difficoltà. La nostra forza dovrebbe essere quella di incidere nelle scelte dei partiti e movimenti di cui facciamo parte. Per questa ragione sfidiamo tutti, PD, PDL, SC, MAIE, M5S, SEL, a lavorare sui temi degli italiani nel mondo, non solo in vista del voto politico, con o senza la rappresentanza diretta, ma per fare riforme, utilizzare meglio le risorse ed offrire servizi alle nostre comunità. Vedremo quali partiti agiranno concretamente, non solo a parole, su queste scelte. Il giudizio oggi è negativo su tutti. E tutti hanno responsabilità dirette”.
Imu: gli Italiani d’Italia sembrerebbe che non la pagheranno più, pagheranno la Service Tax. Per gli italiani nel mondo non cambia nulla, come mai?
“Per gli italiani nel mondo cambierà allo stesso modo se riusciamo a ristabilire un principio di equità e parità di trattamento. Se non lo facciamo, non solo cadiamo in errori e contraddizioni, ma contestualmente asseriamo che il privilegio trova dimora all’estero. Mi spiego: credo sia ingiusto far pagare l’IMU seconda casa a chi non ha altre abitazioni e la casa in Italia è l’unica nell’universo! A questa categoria di persone dobbiamo assicurare equità e giustizia equiparando la loro condizione in una moderna legislazione sulla casa. Per il resto io credo che il regime dovrebbe essere unico e garantire parità di trattamento, oltre a forti sgravi o esclusione dalla tassa per i redditi bassi e i disoccupati. Comunque in base a reddito e patrimonio, come avviene in altri paesi. Vedremo come affrontare il tema in parlamento”.
Ritorno sui 18 parlamentari: lei non crede che se ce ci fosse più sinergia, forse si riuscirebbe ad ottenere di più? Perché questo distacco, ordini di scuderia?
“Magari si trattasse di ordini di scuderia! Almeno qualcuno se ne interesserebbe. No, si tratta di ‘negazione’. Si tratta della negazione di avere emigranti nel mondo. Non a caso, ad esempio, non si parla di nuova emigrazione. Il nuovo esodo è negato. In secondo luogo, in parte proprio a causa del Governo Berlusconi, ci si è convinti che comunque siamo un costo, che chiediamo privilegi e trattamenti di favore. Credo sia necessario ricordare che chiediamo equità e parità di trattamento. Il coordinamento, quindi, sarebbe necessario, indispensabile, per ottenere risultati. E una discussione comune ci porterebbe a un livello di maggiore conoscenza dei problemi. Credo che ancora non abbiamo avuto un’occasione ideale, a causa della brevità della legislatura Prodi, dell’antagonismo nei confronti degli italiani nel mondo nella legislatura Berlusconi ed ora l’incertezza legata alla durata della legislatura. In fondo, se ci pensiamo bene, abbiamo avuto solo quattro anni di opposizione a Berlusconi. Francamente siamo ancora novizi”.
Quali sono i suoi piani futuri?
“Non ho piani futuri. Navigo a vista e vivo alla giornata, cercando di fare del mio meglio. La vita, prima che la politica, soprattutto in questi ultimi anni, mi ha insegnato che è la migliore strategia. Nell’immediato spero ci sia un Governo per fare le cose più urgenti e rimediare gli errori commessi, tra cui la chiusura dei Consolati. Poi il voto”.
Il problema dei giovani Italiani che "fuggono" dall’Italia per un lavoro sicuro: in questi anni ne abbiamo visti tanti che sono arrivati in Australia, il flusso non si ferma. Cosa si può fare per arginare questo fenomeno? Non crede che i Consolati e/o i Comites possano fare assistenza sul territorio?
“Sono convinto anch’io che i Consolati debbano fare più e meglio ed è questa una delle ragioni per cui ci opponiamo alla chiusura di Adelaide e Brisbane. Sul tema visti vacanza-lavoro abbiamo chiesto più informazione e più assistenza. Abbiamo posto la questione della copertura sanitaria, che a mio avviso dovrebbe arrivare almeno a 12 mesi. Credo sia una opportunità formativa per i giovani, quindi importante, ma deve rimanere tale. Per gli altri visti sono convinto che l’Australia possa essere una meta importante, ma che l’Italia debba garantire informazione e assistenza ed occasioni di utilizzo di queste esperienze formative. Per il resto la mobilità è un fatto positivo se non spinta dal bisogno. Oggi è fortemente decisa dal bisogno di lavoro. L’Italia perde giovani ben formati e capaci e questa è una perdita economica”.
Non crede che il governo Letta abbia dimenticato gli Italiani nel Mondo, visto che non c’è un ministro ad hoc, mentre per gli immigrati in Italia sì? 4 milioni di Italiani dimenticati ancora una volta?
“Credo sia necessario partire dalla qualità dell’attenzione. Non sono necessari Ministri per gli italiani nel mondo o Vice Ministri, ma semplicemente un sottosegretario con le deleghe, tutte, per gli italiani nel mondo, che desideri farlo, che si impegni a farlo bene. Ecco, questo sarebbe stato un ottimo inizio. La qualità dell’azione politica di Governo, nel suo complesso, sarebbe il passo successivo. E l’azione coordinata a livello parlamentare. Il problema del Governo Letta è che le deleghe per gli italiani nel mondo sono state suddivise tra tre vice ministri e non vi è un’azione di coordinamento. Il Ministro Kyenge, scelta importante per far mutare un quadro politico e culturale profondamente arretrato in rapporto alla immigrazione, grazie alla sua personalità, ha raggiunto alcuni importanti obiettivi. Ma sui grandi temi dell’integrazione e della cittadinanza siamo ancora lontani, nonostante il ministero. Il tema quindi è quello della qualità dell’attenzione politica. In questi anni è mancata e non siamo ancora riusciti a recuperare rispetto alla brutta stagione del Governo Berlusconi”.
La legge elettorale che regola il voto degli italiani nel mondo va cambiata?
“Credo sia giusto ricordare che abbiamo presentato diverse proposte per la modifica e il miglioramento della legge ordinaria, la 459 del 2001, che regola le modalità organizzative del voto all’estero. Personalmente sono favorevole anche al voto nei seggi. In prospettiva, sviluppandolo e testandolo bene, anche il voto elettronico da affiancare a quello per corrispondenza o nei seggi. Abbiamo diverse soluzioni per rendere libero, personale e segreto il voto dei cittadini italiani che vivono nel mondo. In ogni caso, tornando alla circoscrizione estero, se dovesse essere abrogata, rimane inalterato il tema di rendere materialmente possibile, con analoga libertà, personalità e segretezza, il voto per i collegi italiani. Il tema, pertanto, è di attualità tanto quanto la legge elettorale generale che spero si possa modificare, eliminando il porcellum, prima della fine anticipata della legislatura”.
































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