Una mostra itinerante, tra l’Italia e la Svizzera, per "ricordare e onorare" i 56 italiani morti, insieme ad altri 32 operai, nella costruzione della diga di Mattmark, nel Canton Vallese, esattamente 50 anni fa, il 30 agosto del 1965. Una "Marcinelle meno famosa" come è stata definita nel corso della presentazione della mostra e del volume che ad essa è legata, "una tragedia, una delle pagine più drammatiche e dolorose dell’emigrazione italiana, di uomini che hanno contribuito spesso a costo di molti sacrifici alla crescita e allo sviluppo dei paesi ospiti, pure mantenendo sempre un legame all’Italia" come dice il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che in un messaggio mandato agli organizzatori torna a rivolgere un pensiero agli italiani all’estero come aveva già fatto nel suo discorso di insediamento solo la scorsa settimana.
"Ricordare e onorare" sono i due verbi usati, non a caso, da Claudio Micheloni , senatore del Partito democratico eletto all’estero, la cui storia personale è strettamente legata a quella della Svizzera. Ricordare "perché oggi non si vede quasi più traccia di politiche per gli italiani all’estero, non c’è più questa sensibilità, oggi l’Italia ha dimenticato l’emigrazione" mentre in passato "se Marcinelle ha segnato il cambio di strada in Belgio, anche Mattmark ha iniziato un processo: questa tragedia ha fatto sì che i cittadini svizzeri le politiche anti stranieri le abbiano respinte, ha fatto prendere visione dell’importanza degli stranieri che i quegli anni eravamo noi italiani".
Onorare, invece, perché farlo significa "non permettere sciagure come quella successa di nuovo al largo di Lampedusa capitino più, perché la storia dei migranti è sempre la stessa. Cerchiamo di avere un comportamento diverso verso le vittime del mare, nel ricordo di quelle della montagna".
Anche secondo il presidente della Commissione Esteri del Senato Pierferdinando Casini "non basta avere radici ma essere convinti che esse fanno parte di un sentire comune: senza il contributo dei nostri emigrati oggi forse avremmo una Svizzera diversa. Non possiamo pensare di costruire dei muri, certo neanche fare in maniera superficiale una politica di accoglienza che finisca per essere lesiva sia per noi che per loro". E Domenico Mesiano, presidente del Comites di Mattmark, ricorda che gli anni precedenti la sciagura "si assisteva a una crescente ondata di xenofobia, basti pensare al divieto di ricongiungimento famigliare. Quella tragedia ci permette di confrontare le variazioni sul piano di accoglienza e rispetto della cultura dello straniero da allora a oggi: i referendum contro l’immigrazione" tenutisi in Svizzera solo poche settimane fa "sono stati respinti anche grazie all’ondata di interesse per le attuali migrazioni".
































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