Roma – Invece di tagliare soldi ai ministeri, si pensi a far rientrare i capitali illecitamente tenuti all’estero. Ne è convinto Gianni Farina, deputato democratico eletto nella ripartizione estera Europa e residente in Svizzera, che sulla scongiurata scomparsa della circoscrizione estero commenta: ‘A me le pazzie del ministro Calderoli non interessano, anche perché denotano una profonda ignoranza sul tema’.
On. Farina, in una nota congiunta lei e gli altri eletti del Pd avete dichiarato: "la manovra di stabilizzazione approvata nelle mani di questo Governo e di questa maggioranza in stato confusionale è diventata iniqua e depressiva per la nostra economia”. Parole dure…
"Al contrario. La nostra nota è persino un’annotazione benevola rispetto alla realtà. Siamo di fronte a una manovra che chiede ulteriori sacrifici alle famiglie italiane e che coinvolge anche i ministeri con tagli tra 7 e 8 miliardi".
Forse gli italiani sono più preoccupati per le proprie tasche che per le spese dei ministeri.
"Il taglio ai dicasteri ricade sugli stessi italiani. Per fortuna – spiega Farina a ItaliaChiamaItalia – sono stati salvati ricerca e università ma, per l’estero, si prospettano dai 50 milioni fino a un miliardo di soldi in meno. La situazione è disastrosa se si pensa allo smantellamento della rete consolare, dove l’unica nota positiva è che siano stati salvati luoghi strategici come Cina, India e Turchia. Ricordo, però, che al settore di lingua e cultura sono state tagliate oltre il 50 per cento delle risorse".
Non pensa che il taglio sia stato operato lì dove fosse necessario mettere un freno agli sprechi?
"È stato lo stesso Parlamento a riconoscere l’importanza del settore, tanto da approvare all’unanimità il mio ordine del giorno in cui si richiamava il governo a prestare maggiore attenzione alle attività estere di lingua e cultura. Mi fa amaramente sorridere il pensiero che da un lato si voglia sensibilizzare ma poi, nei fatti, si producano azioni totalmente opposte".
Quindi sta dicendo ai rappresentanti esteri che dovranno rimboccarsi le maniche per fare tutto ciò che si faceva prima, ma con la metà dei soldi?
"Ovviamente noi stiamo perorando la causa e abbiamo chiesto di diminuire il sacrificio a carico degli Esteri, la situazione dei tagli destinati al Mae non è ancora definita e, quindi, speriamo di scongiurare il peggio".
Quale sarebbe “il peggio”?
"In riferimento all’estero, sarebbe molto grave se venissero penalizzati enti per la formazione, scuole per gli italiani all’estero e le varie camere di commercio. Chiediamo che vengano salvaguardate almeno queste attività".
Nonostante la proposta Calderoli, il governo non taglierà più la circoscrizione estera. Avete incontrato molte difficoltà nel cercare di convincere il governo?
"È meglio fare chiarezza, a me le pazzie del ministro Calderoli non interessano, anche perché denotano una profonda ignoranza sul tema. Un tempo, nel mio partito, si diceva: ‘la libertà di parola esiste, ma occorre prima studiare il dossier’, ora invece parlano tutti a ruota libera senza essere preparati".
Se, però, non c’è una forte convinzione della necessità del voto estero, la proposta di abolizione verrà ripresentata ad ogni crisi, a prescindere da Calderoli. Secondo lei gli italiani sentono l’esigenza di avere in Parlamento dei rappresentanti eletti all’estero?
"Possiamo abolire o meno il voto estero, ma dobbiamo ugualmente rispettare il dettato costituzionale che dà a ogni cittadino diritto e dovere di voto, in ogni momento politico importante del nostro Paese. La Costituzione dice che il Paese deve mettere il cittadino che vive all’estero in condizioni di esercitare questo diritto. In passato sono falliti referendum decisivi, come quello del ‘99 che chiedeva l’annullamento della quota proporzionale e che raggiunse il 49,8 per cento. In quel calcolo c’erano i cittadini esteri che, però, non hanno potuto votare. Calderoli dovrebbe riflettere, sull’estero si spendono solo demagogie e non saranno certo le sue dichiarazioni irresponsabili a mettere a rischio il diritto dei concittadini nel mondo".
Il suo collega Fedi ha dichiarato che è inutile parlare di riformare Comites e Cgie quando è in pericolo la stessa circoscrizione estera. Ora che non verrà più annullata, si ricomincerà a parlare di Comites o sono altre le questioni urgenti?
"Sono sempre d’accordo con Fedi, è un collega e un amico, è intelligente e non parla mai a vanvera. Se per il collegio estero valesse la legge elettorale italiana con la stessa proporzione tra elettori ed eletti, noi non avremmo diritto solo a diciotto parlamentari ma ad almeno trenta. Nel collegio estero è stato applicato uno sbarramento ed è stata stabilita una quota e questo causa la mancata copertura di alcuni Paesi; poiché il mondo è stato suddiviso in aree immense come, ad esempio, l’Europa, si è creata una situazione in cui la Spagna non ha eletti e la Svizzera ne ha fin troppi".
In questo scenario denso di questioni da risolvere, l’esistenza di Comites e Cgie ha uno scopo?
"Comites e Cgie sono estremamente importanti per gli eletti in parlamento perché sono la rappresentanza sul territorio, fanno analisi ed esprimono opinioni, noi eletti conosciamo il territorio ma non possiamo viverlo. Non è vero che c’è contraddizione tra la loro e la nostra esistenza, al contrario il ruolo degli organismi di rappresentanza di base è importante, il Cgie fa da sintesi alle azioni del Comites".
Lei ha raccolto “l’appello delle organizzazioni sindacali italiane che cooperano con i sindacati svizzeri sulla questione dei frontalieri, affinché non si inizi un percorso che rasenta la propaganda xenofoba. Inoltre, non si faccia di questo il tema fondamentale della campagna elettorale in atto”. Sta dilagando una nuova forma di razzismo nei confronti dei nostri connazionali?
"I sintomi della xenofobia sono ancora molto limitati, è una ‘febbricciola’ legata a personaggi squalificati che operano soprattutto a Ginevra e in Ticino. La maggioranza della popolazione è consapevole dell’apporto positivo dei 100mila frontalieri, che hanno contribuito allo sviluppo dei cantoni con intelligenza, sacrificio e professionalità".
Gli estremisti svizzeri stanno cavalcando il malumore verso i frontalieri come in Italia si cavalca quello verso chi sbarca a Lampedusa?
"No, ma è chiaro che qualche problema c’è. Se un imprenditore svizzero approfitta dell’ingegno di un frontaliero pagandolo la metà di un dipendente svizzero, allora arriva il controllo dei sindacati e della politica. Il sacrificio e i salari devono avere il medesimo valore".
Lei ha annunciato “tempi brevi per l’accordo su doppie imposizioni e trasparenza bancaria”. Quanto brevi?
"È stato firmato mercoledì l’accordo tra Germania e Svizzera, ora si attende solamente l’assenso dei due parlamenti, ma si dà per acquisito che sarà approvato, nonostante il difficile tema della trasparenza bancaria".
È stato difficile superare lo scoglio del segreto bancario?
"È stato difficile, il governo svizzero è consapevole della perdita dal punto di vista economico, ma si è reso conto che ormai la situazione è diventata insostenibile. Alla Germania andranno quasi due miliardi e si prevedono detrazioni fino al 27 per cento degli utili illegalmente tenuti in Svizzera in passato. Il 5 per cento del nostro scudo fiscale, al confronto, fa ridere. Questa è un’operazione importante ed anche l’Italia dovrebbe farla, si stima che esistano fino a 300 miliardi di soldi italiani illegalmente tenuti in Svizzera".
Un futuro libero da furbetti?
"Ormai il segreto bancario non esiste più in Germania, mi auguro che ciò che valga al più presto in tutti i Paesi".
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