La necessita’ di prevenire un attacco israeliano contro le installazioni atomiche in Iran prima delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e’ la molla che ha spinto il segretario alla difesa Leon Panetta a tornare a visitare Israele, per la seconda volta in dieci mesi. E’ questa la sensazione diffusa fra gli analisti locali in vista degli incontri che Panetta avra’ domani con il premier Benyamin Netanyahu e con il ministro della difesa Ehud Barak.
Oggi, il numero uno del Pentagono era al Cairo, dove per la prima volta ha visto il presidente egiziano Mohamed Morsi ed il capo del Consiglio Militare, Hussein Tantawi. I colloqui, secondo l’agenzia Mena, sono stati ‘costruttivi’e Panetta ha espresso il forte sostegno Usa alla transizione ‘pacifica e legale verso un regime democratico’. In una conferenza stampa al Cairo, Panetta ha escluso l’intenzione di discutere di ‘eventuali piani di attacco’ contro l’Iran, ma si è detto pronto a ‘parlare di come rispondere a diverse situazioni’.
Sotto la luce dei riflettori, il successo della visita di Panetta in Israele e’ stato gia’ propiziato da un accordo importante di cooperazione militare, firmato nei giorni scorsi dal presidente Barack Obama. Dietro le quinte, il terreno viene intanto preparato per il ministro da fughe di notizie mirate, che fanno grandi titoli sulla stampa israeliana. Giorni fa Haaretz ha rivelato che i piani dettagliati per un possibile attacco all’Iran, elaborati dal Pentagono, sono stati illustrati due settimane fa a Netanyahu da Tom Donilon, il consigliere per la sicurezza nazionale. Oggi Yediot Ahronot sostiene che Obama si e’ fissato una scadenza di 18 mesi. Se a quel punto non restera’ alcuna altra opzione, gli Stati Uniti attaccheranno l’Iran ‘con tutta la loro potenza’. Ma nel frattempo – e’ il consiglio che Panetta porta probabilmente con se’ – e’ necessario consentire che le pressioni economiche e diplomatiche diano il loro frutto. In un incontro col candidato repubblicano Mitt Romney, Netanyahu ha lamentato che finora le sanzioni non hanno ritardato i progetti nucleari iraniani ‘nemmeno in misura infinitesimale’. Da parte sua Barak segue con crescente apprensione le attivita’ iraniane di protezione dei loro stabilimenti piu’ delicati, anche nelle viscere della terra. ‘Lo spazio di immunita’ ‘ – cosi’ ha definito questo stato di cose – si accorcia. Ogni mese che passa, per l’aviazione israeliana e’ sempre piu’ difficile realizzare con successo la neutralizzazione (anche temporanea) dei progetti iraniani.
La sensazione che Netanyahu e Barak siano inclini a rompere gli indugi si e’ rafforzata la settimana scorsa quando il leader di Kadima, Shaul Mofaz, ha detto che il suo partito ‘non vuole trovarsi coinvolto in avventure che metterebbero in pericolo il futuro dei nostri giovani, il futuro dei nostri cittadini e il futuro di Israele’. Oggi la stampa sostiene che lo stesso capo di stato maggiore, il generale Beny Gantz, si oppone ad un attacco israeliano senza una adeguata copertura degli Stati Uniti. Gantz si e’ poi dissociato da quelle informazioni.
In questo contesto Panetta dira’ prevedibilmente ai dirigenti israeliani che allo stato attuale non esiste una legittimita’ internazionale per un attacco preventivo israeliano. Secondo gli Stati Uniti, non esiste nemmeno una urgenza assoluta. Sulla questione centrale – se cioe’ Israele abbia oggi la capacita’ di agire da solo contro le infrastrutture nucleari in Iran – gli americani (secondo Yediot Ahronot) giudicano che otterrebbe solo ‘risultati ragionevoli, niente di piu’ ‘. Ma nel ‘Day After’ – avvertono – Israele dovrebbe vedersela da solo con la temibile reazione iraniana.
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