Roma – E’ nato a Casablanca ma e’ cresciuto in Italia vivendo, per molti anni, nel ‘profondo Nord’, come rivela il suo accento veneto. Khalid Chaouki, deputato Pd di origine marocchina, e’ salito di recente agli onori delle cronache per essersi rinchiuso all’interno del centro di accoglienza di Lampedusa con l’obiettivo di ottenere una rapida soluzione ad alcune permanenze fin troppo prolungate. Il giovane onorevole, pero’, si occupa di integrazione da diverso tempo, tanto da essere stato a lungo responsabile dei nuovi italiani per il Pd, un impegno che gli e’ valsa la nomina, proprio in queste ore, all’interno della segreteria romana del partito.
Onorevole Chaouki, nel mese di dicembre si e’ ‘rinchiuso’ nel centro di Lampedusa e ha visitato il Cie di Ponte Galeria, rendendosi protagonista di due iniziative distinte, ma altrettanto decise. Gran parte dell’opinione pubblica, pero’, non sembra conoscere a fondo l’argomento. Volendo fare un confronto, e spiegare tutto in maniera semplice ai nostri lettori, quali sono le principali differenze che ha avuto modo di osservare tra i due centri?
“Il Centro di accoglienza di Lampedusa è un centro di primo soccorso in cui per legge le persone dovrebbero rimanere al massimo 96 ore, invece purtroppo era divenuto un centro di lunga permanenza e detenzione contravvenendo così alle regole vigenti, oltre che al rispetto delle condizioni igienico-sanitarie che erano assolutamente inaccettabili e carenti. Il Cie di Ponte Galeria è un Centro di identificazione ed espulsione che assomiglia molto più a Guantanamo con le sue gabbie all’aperto che a un centro di estensione amministrativa. In entrambi i centri va riconosciuto il ruolo importante di operatori e associazioni, che numerose volte, nonostante le risorse ridotte, riescono comunque a donare qualche istante di serenità a profughi e rifugiati”.
Ritornando con la mente ai giorni di permanenza a Lampedusa, ricorda un gesto o una storia che Le è rimasta particolarmente impressa e che desidera raccontare?
“Tra tutte le persone incontrate nel Centro, che con me hanno condiviso i pasti, e il peso delle loro storie terribili, tra tutte, una persona che ricorderò a lungo è il Caporalmaggiore Capo Pala Romano, di origine eritrea. È stato bello scorgere tra i ragazzi dell’esercito giunti a Lampedusa, un giovane di seconda generazione, un ‘nuovo italiano’, giunto per prestare servizio all’Italia, al Paese che lo ha visto nascere e piantare radici. Ma Pala non è il solo. Oltre a lui c’è Ahlame Boufessas, giovane soldatessa italiana di origine marocchina, anche lei in servizio al centro di prima accoglienza di Lampedusa. Entrambi parlano anche le lingue d’origine, il tigrino e l’arabo”.
In una lettera al quotidiano La Stampa, ha scritto che ringrazia tutti coloro che si sono prodigati all’interno del ministero degli Interni per la risoluzione dell’emergenza nel centro di Lampedusa. Che cosa c’è da ringraziare? Il ministero non avrebbe dovuto muoversi prima?
“Ho deciso di rinchiudermi a Lampedusa proprio per denunciare la scarsa attenzione alla realtà di quel centro da parte delle Istituzioni nazionali e locali. Per fortuna il Governo nella persona del vice ministro agli interni Filippo Bubbico si è impegnato concretamente per accelerare lo spostamento dei profughi. Credo che se non ci fosse stata l’azione immediata da parte del Governo e la sensibilità insieme all’impegno a cambiare modalità di accoglienza a Lampedusa e non solo sarei ancora là con oltre duecento persone. Il mio grazie è per l’azione immediata e per la seria volontà di cambiare questa legge”.
Alcuni, anche nel suo partito, non hanno condiviso il suo gesto, affermando che i problemi si risolvono lavorando in Parlamento. Iniziative come la sua a Lampedusa non rischiano di creare solamente un effetto momentaneo, lasciando il problema in ombra una volta passato l’interesse mediatico?
“Credo invece che un gesto servisse, se avessi preso la sera stessa il volo del ritorno, limitandomi a condannare la gestione del centro, nulla sarebbe cambiato. Il mio lavoro continuerà in Parlamento insieme a tutti i miei colleghi, ma credo che noi come rappresentanti dei cittadini abbiamo anche il dovere di sporcarci maggiormente le mani e impegnarci direttamente per capire da vicino le sofferenze e le richieste di chi oggi non ha voce”.
Sono state sollevate alcune polemiche sul fatto che Renzi, intervistato nelle stesse ore in cui lei si trovava a Lampedusa, non le abbia rivolto nemmeno un saluto. Lei non e’ mai stato un sostenitore del sindaco di Firenze, che cosa pensa di quanto accaduto? Ed e’ vero che Renzi ha una gestione padronale del partito, come sostiene Fassina?
“Sono rimasto in contatto con Renzi attraverso il suo portavoce e i membri della sua segreteria. Non l’ho sostenuto e tuttora mantengo idee diverse dalle sue su diverse proposte della sua agenda, ma dopo il risultato del Congresso credo sia giusto che sia lui a guidare il partito democratico, ma nel rispetto di tutti, a partire dalla minoranza”.
Le nomine della nuova segreteria non hanno dato molto spazio al tema dell’immigrazione mentre Bersani si e’ dimostrato sempre sensibile verso questo argomento. Pensa che il ‘nuovo’ Pd stia tralasciando il tema dei nuovi italiani?
“Io credo di no. Credo che un primo messaggio di concretezza sia la nomina del ministro Kyenge. Io stesso, insieme a Bersani, sono firmatario di una buona proposta di legge sulla cittadinanza che presto sarà incardinata in parlamento. Sarà nostro compito tenere alta la bandiera dei ‘nuovi italiani’ anche per tenere fede ai nostri impegni con tutti coloro che hanno sottoscritto le proposte della campagna ‘L’Italia sono anch’io’ e con tutti coloro che hanno sostenuto la nostra campagna per i diritti di cittadinanza”.
Il suo gesto a Lampedusa ha scatenato, purtroppo, molti insulti sulla sua pagina Facebook e, in generale, in quella che viene chiamata ‘la rete’. Non crede che, dietro a tutto cio’, possa nascondersi un disagio molto piu’ profondo e pericoloso? Prima o poi, chi attacca stando comodamente seduto davanti un pc non potrebbe decidere di alzarsi e trasformare le parole in fatti?
“Credo che dietro questa violenza verbale ci sia ignoranza. Uno dei miei obiettivi a Lampedusa è stato di mostrare a tutti le reali condizioni in cui erano ‘ospitate’ queste persone. E infatti credo che molti in Italia, per la prima volta, si siano resi conto di cosa sono i CIE e i centri di Accoglienza”.
La nostra testata si occupa anche di italiani nel mondo. Ha mai avuto modo di collaborare con gli eletti all’estero? Esistono iniziative condivise in commissione estero?
“Con i colleghi eletti all’estero lavoro spesso in commissione Esteri. Con loro condivido una visione aperta e moderna di cittadinanza, sappiamo sia io che loro che conoscere bene la lingua del paese che si sceglie di abitare è fondamentale per sentirsi cittadini”.
































Discussione su questo articolo