Nel Movimento 5 Stelle qualcosa comincia a muoversi. La fronda interna ha battuto un colpo che Beppe Grillo non sottovaluta. Sono sempre di piu’ i parlamentari che si interrogano sull’utilita’ della ‘strategia del balcone’: lo stallo sulla formazione del governo infatti ha costretto i grillini a restare alla finestra anche nelle commissioni parlamentari che non possono essere costituite in assenza dell’esecutivo. E’ un punto che i 5 stelle non avevano calcolato e che trasmette l’immagine di un gruppo eletto per rovesciare il mondo e che e’ banalmente rimasto vittima dei regolamenti. E l’idea di un Parlamento che lavori scavalcando il governo, lanciata dal leader del M5S, non ha fatto breccia negli altri gruppi. Di fronte alla drammatica crisi economica che continua a mietere vittime, come si e’ visto nel caso del suicidio multiplo di Civitanova Marche, c’e’ una parte dei grillini che si chiede quanto sia giusto insistere nel surplace con il Pd. E’ una dissidenza che l’ideologo del Movimento, Paolo Becchi, ha equiparato al tradimento, salvo scusarsi poco dopo: una scomunica che la dice lunga sulla difficolta’ di tenere unito il M5S spietatamente corteggiato dai democratici di fede bersaniana.
Per impedire la caduta del muro alzato in questi giorni, Grillo ha pensato percio’ di spostare piu’ in la’ l’asse del confronto. Obiettivo Quirinale. Il nuovo capo dello Stato sara’ molto diverso da quello attuale, ha sentenziato. Che cosa significa? Che non verra’ dal mondo politico, sembra di capire, ma forse dalla magistratura, come lascia intendere la capogruppo Roberta Lombardi. L’interrogativo e’ da dove nasca tanta sicurezza. La risposta piu’ semplice e’ che – limitatamente alla partita del Colle – Grillo pensi ad un’apertura al Pd per trovare un nome largamente innovativo e condiviso con la sinistra. Proprio quello che Silvio Berlusconi teme di piu’. Proprio quello che serve a calmare una base ribollente e poco disposta a fare la parte della carne da cannone.
La strategia al momento e’ appena abbozzata: del resto e’ stato lo stesso ex comico genovese ad ammettere con i suoi di non avere una risposta per tutto. Il che significa che il percorso va costruito un po’ alla volta. Grillo ha fatto sapere che gli incontri con i parlamentari assumeranno cadenza mensile: e’ la dimostrazione che non tutto puo’ essere eterodiretto, che il capo fuori dalle aule parlamentari ha difficolta’ a guidare le sue schiere quando nella prassi quotidiana si tratta di prendere decisioni immediate. Ancora una volta c’e’ un gran solco tra teoria e pratica.
Tuttavia, al di la’ dei tatticismi, Grillo tiene a ribadire il cuore politico della sua linea: la gente si rivoltera’ con i bastoni contro le larghe intese e il Movimento si deve tenere lontano dalla compromissioni. Pronostico per la verita’ contraddetto dai sondaggi che in caso di elezioni a breve termine non sembrano premiare la linea dell’arroccamento. Grillo conta piuttosto su una spaccatura all’interno del Pd. Ai renziani va stretta l’immagine della corrente che complotta per rovesciare Pier Luigi Bersani: Matteo Renzi ripete di aver semplicemente detto quello che pensa la maggioranza degli italiani, che cioe’ e’ venuto il momento di varare un governo a termine per fronteggiare la crisi oppure di tornare alle urne. La sua componente rovescia sui bersaniani l’accusa di trattare segretamente con il Pdl per trovare una via d’uscita. Ma la vera novita’ e’ l’annuncio del ‘Manifesto’ di Fabrizio Barca, l’uomo che – approfittando del limbo in cui e’ caduto il segretario – pensa di sfidare Renzi per la guida del ‘partito del cambiamento’. Facendo affidamento anche sul possibile ‘rimescolamento’ dei democratici con i vendoliani. Cio’ spiega la spinta di Renzi per un’azione immediata. Certo, uno spostamento a sinistra del baricentro del Pd complicherebbe fatalmente il piano di Berlusconi per un governo di scopo a guida Pd ma di larghe intese. Il Cavaliere pone sul piatto dell’offerta la garanzia di non voler assumere nessuna carica istituzionale o nell’esecutivo, ma i democratici non si fidano ben conoscendo la mutevolezza delle sue proposte. L’unica via per scongiurare le urne resta dunque un accordo di massima sul Quirinale: ma la sortita di Grillo ha complicato in modo considerevole questa possibilità.
































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