Sarà anche stato il gesto di un folle sconsiderato, ma dipinge il clima di ansia rabbiosa e di livore feroce che serpeggi da tempo nella società. Hanno scritto Scabini e Rossi nel 2000, che le relazioni soddisfano i più profondi bisogni umani di affiliazione, ma sono anche la fonte di alcune tra le più dolorose ferite. Quando le offese prendono vita, emozioni negative come la rabbia e il risentimento sono reazioni piuttosto comuni che creano una potenziale rottura della relazione stessa. A creare ulteriore disagio è l’esigenza naturale di rispondere, attraverso la vendetta, all’offesa subita, per riparare al diritto oltraggiato. Questo sentimento di vendetta può degenerare in rancore: non è più la semplice riparazione di un diritto violato che viene ricercata, ma il male che, in cambio del torto subito, si può arrecare all’offensore. Il rancore è una passione che, aggiunto alla sofferenza per l’offesa subita, ne accentua il carattere alienante.
Luigi Preiti, 49 anni, disoccupato, ha fatto fuoco con l’intento, ha detto, di uccidere un politico qualsiasi ed ha invece ferito due carabinieri (uno è grave, con lesioni midollari ed una figlia di 23 anni angosciata, dopo la morte della madre due mesi fa) ed una donna incinta. Luigi Preiti è un uomo disperato, alienato, che ha perso anche la speranza estrema, quella del perdono. Ha scritto per Ansa Alessandro Logrosino che capita talora che i politici diventino bersaglio di una rabbia più indistinta della piazza, di rancori e frustrazioni private, di figure borderline se non proprio psicolabili.
A parte i casi di scuola di Reagan e di Pim Fortuyn, leader olandese di un movimento liberale anti-islamico e gay dichiarato che il 6 maggio 2002 venne assassinato in piena campagna elettorale a Hilversum da un giovane ‘cane sciolto’; da noi, di recente, vi è la vicenda che il 13 dicembre 2009 vide vittima a Milano Silvio Berlusconi, centrato al viso da una statuetta, un Duomo in miniatura, scagliata contro di lui da Massimo Tartaglia. Recentissima è infine l’aggressione violenta subita nel dicembre scorso in uno stadio di Atene – sullo sfondo della devastante crisi e delle tensioni collettive che investono la Grecia – da Dimitris Stratoulis, deputato del partito di sinistra Syriza. E’ l’intervallo della partita quando tre energumeni lo circondano al grido di ‘Adesso ti ammazziamo’ e, inneggiando al partito filo-nazista Alba Dorata, lo tempestano di calci e pugni.
Come ha detto alla fine dell’800 la filosofa inglese Joanna North: “Per perdonare, dobbiamo superare il risentimento, non negandoci il diritto di provare quel risentimento, ma sforzandoci di vedere il colpevole con compassione, benevolenza ed amore, pur sapendo che egli ha volontariamente abbandonato il suo diritto su di essi”.
Luigi Preiti è il frutto di un fallimento, non solo politico ma generazionale. Bisogna ormai prendere atto, come ha scritto l’ex deputato Ds Piero Di Siena, che la situazione attuale è anche il frutto del fallimento di una generazione, la generazione a cui appartengo che ha dimostrato – se si fa un bilancio onesto e veritiero – di non essere stata all’altezza dei cambiamenti epocali da cui, a partire dal ’68 per passare dal crollo del comunismo e per arrivare alla crisi sistemica attuale che sta mutando un assetto plurisecolare del mondo, è stata investita. Dobbiamo riconoscere che non ce l’abbiamo fatta, perché troppo a lungo abbiamo cercato di interpretare le grandi istanze di cambiamento di cui pure eravamo portatori entro le categorie di un secolo che troppo rapidamente stava andando a finire, e perché successivamente cedendo a un malinteso senso del realismo siamo stati succubi delle ideologie delle classi dominanti. E’ così che una generazione ha perso autorevolezza e rischia di non avere nessuna credibilità quando, come ha tentato Bersani con Grillo, bisogna porre un argine alla crisi della democrazia che scaturisce dalle insanabili contraddizioni che hanno investito economia e società.
Ora tutti, anche Berlusconi, parlano della necessità di silenziare il clima di odio che un bipolarismo feroce e senza regole ha disseminato nel Paese, un Paese che trema di rabbia ed incertezza mentre oggi si voterà la fiducia al nuovo governo, prima alla Camera e poi al Senato, secondo modalità stabilite dai vari capigruppo. Un governo che a molti appare come l’ultima spiaggia per una Nazione senza futuro che si vede spremuta ed abbandonata nota da coloro che invece avrebbero dovuto guidarla.
































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