La determinazione con la quale Mario Monti affronta l’ultima settima di campagna elettorale cancella l’immagine del professore compassato e un po’ algido con cui i cittadini hanno imparato a conoscerlo. Il premier si presenta in questo momento come un uomo che ha deciso di ‘vuotare il sacco’: chiamato alla guida del governo tecnico per salvare i conti dell’Italia (che erano al collasso, come ha detto da Washington Giorgio Napolitano), adesso viene presentato dai suoi ex alleati (salvo i centristi) come colui che li ha affossati. Monti accusa chi sostiene questa ricostruzione di essere un ‘cialtrone’ ed e’ chiaro che si riferisce a Silvio Berlusconi; ma nelle sue parole si avverte in realta’ anche una punta di risentimento verso Pierluigi Bersani. Entrambi oggi alleati con due leader (Roberto Maroni e Nichi Vendola) che hanno combattuto duramente la sua ‘agenda’, dunque in contraddizione con la filosofia delle larghe intese che era stata alla base della ‘strana maggioranza’ ideata dal capo dello Stato. Le stesse parole di Napolitano (‘deploro chi, dopo averlo sostenuto, ora liquida il governo tecnico’) a ben vedere sono indirizzate non solo al Pdl che per primo gli ha tolto la fiducia, ma anche al Pd che non ha fatto molto per difendere lo spirito della solidarieta’ nazionale alla base dell’esecutivo del Presidente.
Monti tuttavia va anche piu’ in la’: rivela che gli sarebbe stato offerto addirittura il Quirinale o un ruolo di prestigio nel governo se avesse rinunciato a presentare la sua lista. Come dire che sinistra e destra temono a tal punto la rinascita di un Grande Centro da essere disponibili a fare grandi sacrifici pur di esorcizzarlo. E invece a questo punto – dice Pier Ferdinando Casini – e’ accaduto il contrario: il bipolarismo e’ morto e sepolto. Potrebbe essere la coda velenosa di una campagna elettorale che si e’ dimostrata spesso al di sotto delle attese e comunque lontana dai problemi della gente, se non fosse che i suoi eccessi minacciano di lasciare ferite difficili da rimarginare: tali da ostacolare per il futuro intese politiche non solo con la destra, ma anche tra centro e sinistra. Lo scambio di accuse tra i vari protagonisti (da Berlusconi a Bersani, da Monti a Grillo e ad Ingroia) si muove infatti all’insegna della delegittimazione e lascia interdetta l’opinione pubblica. Se infatti Berlusconi lancia ‘messaggi criminali’ (Vendola) e ‘lascia una catastrofe’ (Bersani), Monti e’ ‘un Quisling della finanza mondiale’ (Napoli) o a sua volta ‘un cialtrone’ (Maroni), se il Paese corre un rischio ‘mortale’ nel caso non vincano i montiani (Montezemolo), come si puo’ pensare che in caso di vittoria dell’uno o dell’altro, essa possa essere poi riconosciuta dall’avversario? Questo e’ il vero problema.
Il centrodestra accusa inoltre il capo dello Stato di avere interferito nella campagna elettorale affermando che nel 2011 l’Italia era al collasso e deplorando chi liquida il governo tecnico dopo averlo sostenuto per un anno e mezzo. Per Osvaldo Napoli, se allora eravamo sull’orlo del baratro, dove siamo oggi che tutti gli indicatori sono peggiorati? Ma in realta’ anche queste critiche suonano un po’ come una fuga in avanti. Infatti Napolitano non ha torto quando intravede per le prossime settimane una ‘strada in salita’. Alla luce dei sondaggi che fotografano una grande incertezza, potrebbe essere necessario dopo il voto rispolverare lo spirito della Grande Coalizione.
Lasciarsi catturare dal furore di parte non e’ il modo migliore per prepararsi a tutte le evenienze. Anche perche’ una cosa e’ certa: i grillini porteranno in Parlamento una nutrita pattuglia con l’obiettivo di rivoluzionarne l’ingranaggio. E lo scenario del tutti contro tutti e’ certamente il peggiore per inaugurare una stagione di riforme.
































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