Il conto alla rovescia è già iniziato da un po’: Silvio Berlusconi sarà costretto a lasciare il suo seggio a Palazzo Madama? La Giunta voterà per la sua decadenza? E l’aula del Senato? Oppure il Cavaliere sceglierà di dimettersi prima? Gli interrogativi sono tanti e presto, una per una, arriveranno le risposte. Intanto, il dibattito sulla vicenda dell’uomo di Arcore continua a svilupparsi sui giornali e in televisione. Le posizioni, in ogni modo, sono chiare: da una parte c’è il PdL, che minaccia di fare cadere il governo se davvero il Pd dovesse votare per la decadenza del proprio leader. Dall’altra, il Partito Democratico che sembra avere già deciso: Berlusconi dovrà lasciare il Senato, non c’è altra via d’uscita. Ma davvero il PdL sceglierà di staccare la spina al governo Letta se B dovesse essere fatto fuori?
Emanuele Fiano, Pd, è convinto che alla fine “il Governo non cadrà”. E prevede: “Il lavoro della Giunta del Senato si concluderà con un voto dei Senatori PD a favore della decadenza del Senatore Berlusconi, perché nessun altro voto sarebbe plausibile in uno stato di diritto”, “le sentenze di grado definitivo vanno eseguite, le loro conseguenze sulla decadenza dall’ufficio parlamentare pure, altrimenti con quale faccia potremo chiedere agli italiani continuamente di fare sacrifici e di rispettare la legge se i primi a non farla rispettare fossimo noi politici?”. A Fiano “sembra ancora difficile pensare che il Cavaliere sceglierà di far cadere il Governo; lo attenderebbe una campagna elettorale da inaugurare solo su argomenti che riguardano la propria salvaguardia processuale, e non su argomenti economici che sono i suoi prediletti, e che fanno molta maggior presa sugli elettori, ma sui quali peraltro ha condiviso sinora l’azione del Governo. Poi si dovrebbe tornare a votare con questa legge se la crisi fosse repentina, e questo oltre a non essere gradito agli elettori, renderebbe ancora incertissimo il risultato, specie al Senato, con un quadro complessivo di non facile lettura elettorale. E anche economicamente le conseguenze non si farebbero attendere, con un peggioramento immediato dei fattori di economia reale, della disoccupazione, dell’andamento dei titoli di borsa e dell’andamento dello spread, con un aumento della spesa pubblica".
Dario Franceschini, esponente del Pd e ministro per i rapporti con il Parlamento, in una intervista al Messaggero, spiega: “il governo va avanti sino a quando ha la fiducia del Parlamento ed è chiaro che si incrocia con le vicende personali e giudiziarie di Berlusconi, ma noi pensiamo debbano rimanere su un piano distinto. Se così non fosse e si aprisse una crisi di governo, è chiaro che ne risponderanno davanti agli italiani".
Felice Casson, Pd, componente della giunta per le immunità del Senato, intervistato dal Corriere della Sera: “Il diritto alla difesa va garantito per tutti. Di conseguenza, se Silvio Berlusconi chiedesse di essere ascoltato dalla giunta per le elezioni del Senato, non credo che gli si possa rispondere con un no. Non si tratta di una regola ben precisa, visto che in questa fase non è prevista da nessun regolamento. Ma, per quanto mi riguarda, consentire a Berlusconi di esporre le sue ragioni rientra in quel diritto alla difesa di cui sopra. Non sarebbe soltanto una questione di correttezza istituzionale visto che la giunta, in passato, l’ha fatto anche con tutti quelli che l’han richiesto…". Sull’ipotesi che la vicenda finisca alla Consulta commenta: "E’ un tema che in diritto non esiste. Come non esiste la storia della retroattività. Se qualcuno vuole cercare qualche scusa per non votare, che ne trovi qualcuna più credibile. Oppure che si assuma la responsabilità di votare contro la decadenza del senatore Berlusconi".
Per Daniela Santanchè, berlusconiana doc, se “la Giunta decidesse di far decadere Berlusconi da senatore, sarebbe un vero e proprio colpo di Stato”, con tutte le conseguenza del caso. Intanto, l’avvocato del Cav, Franco Coppi, a proposito della possibilità della grazia a Berlusconi da parte del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, spiega: “Fino adesso non e’ stata fatta nessuna scelta, ne’ in un senso ne’ nell’altro. Non e’ stata presentata alcuna domanda di grazia al capo dello Stato, ma resta una delle ipotesi in campo. Con il presidente Berlusconi non ne abbiamo parlato in questi giorni, ma non e’ escluso che decida in tal senso".
Ferdinando Casini, leader Udc, in una intervista al Quotidiano nazionale, riassume: “Ci sono due stati d’animo che ritengo aberranti sotto il profilo giuridico e politico. Da una parte il Pdl, che dice che se cade Berlusconi cade Letta; dall’altra il Pd che promette in giunta un proprio atteggiamento compatto", ma "nella giunta non si ripropongono gli schieramenti della politica tradizionale", "e i membri devono agire secondo la propria coscienza". In ogni caso Casini si augura che Berlusconi si dimetta: "Se in giunta ci sarà un lavoro di approfondimento serio, veramente garantista, mi auguro che lui faccia questa scelta, che d’altra parte concorda anche con la rilevanza dei ruoli istituzionali che ha avuto". Comunque vadano le cose, commenta ancora il leader centrista, “è chiaro che quanto succederà nel centrodestra di qui a due mesi condizionerà il futuro dei moderati in Italia. Finito il berlusconismo, o i moderati si riuniscono in una grande formazione sulle orme del partito popolare europeo che si contrappone a un partito socialista sempre di stampo europeo o il sistema non si evolve verso un bipolarismo maturo".
































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