Dal no delle aziende americane che operano in Italia al dibattito interno al Pd, con lo stop del neosegretario Matteo Renzi: innesca un acceso dibattito la Web Tax, la norma inserita nella Legge di Stabilita’ che impone ai giganti mondiali del Web di aprire una partita Iva in Italia, quindi di pagare al fisco italiano le tasse sui ricavi collegabili alla presenza online nel nostro Paese. E’ una norma che nasce da un emendamento del Pd, ma che nello stesso partito trova oggi un fuoco di sbarramento.
E’ stato il renziano Edoardo Fanucci a dare una forte accelerazione, con un emendamento alla Legge di Stabilita’, alla proposta gia’ lanciata in un Ddl dal lettiano Francesco Boccia. Ma l’idea non piace a Matteo Renzi, che all’assemblea che lo ha proclamato segretario del Pd dice: nel digitale "siamo passati dalla nuvola digitale alla nuvola nera di Fantozzi", i temi "della web tax vanno posti in Europa" altrimenti "rischiamo di dare l’immagine di un paese che rifiuta l’innovazione". Tesi rilanciata da quattro parlamentari renziani: "All’economia non servono feticci che sulla tecnologia chiudono l’Italia in un recinto rispetto al resto dell’Europa". Ma anche il lettiano Marco meloni chiede che "il Parlamento elimini la tassa" ed "il Pd sia unito sul piano digitale del governo".
La Web Tax non piace anche a Scelta Civica: la norma "e’ palesemente illegittima" dice Gianfranco Librandi. Mentre da Forza Italia la portavoce Mara Carfagna attacca: "Saranno pure giovani, avranno rottamato la vecchia classe dirigente col colbacco ma le idee, quelle sullo sviluppo e la crescita economica, sono sempre le stesse: tasse, tasse, tasse. Di nuove nel Pd di Renzi ci sono solo le facce, il resto e’ roba vecchia". Intanto alzano la voce anche le aziende statunitensi che operano in Italia: "Gli ispiratori della Web Tax dovrebbero riflettere sul danno d’immagine per l’Italia provocato da questo provvedimento agli occhi della comunita’ internazionale", avverte l’American Chamber of Commerce in Italy: rappresenta , dice il consigliere delegato, Simone Crolla, "l’ennesima dimostrazione di autoreferenzialita’ ed arroccamento del ceto politico italiano, che non consente l’apertura di un serio ed approfondito dialogo su questa materia, delicata e strategica per il futuro". Inoltre, per AmCham Italy "l’incompatibilita’ di questi emendamenti rispetto alle normative europee esporra’ l’Italia ad una possibile procedura d’infrazione".
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