E’ ormai disperata la corsa contro il tempo di Ali Laarayehd per formare il nuovo governo tunisino. Le manovre per allargare e rafforzare la maggioranza, con altri partiti chiamati ad unirsi a Ennahda, Ettakatol e Congresso per la Repubblica, sono fallite e quelle per evitare che la ‘troika’ vada in frantumi sono ormai legate ad un filo.
L’ultima speranza poggia sulla riunione che da ore impegna le delegazioni dei tre partiti della maggioranza che sosteneva il governo di Hamadi Jebali. Nel palazzo di Dar Dhiafa,a Cartagine, si sta sviluppando un confronto che e’ partito gia’ con premesse difficilissime perche’ l’atteggiamento di Ennahda e’ agli occhi degli alleati inconciliabile con una vera volonta’ di risolvere la crisi, magari facendo concessioni. Ma l’abbandono del tavolo delle trattative da parte del Movimento Wafa, del Blocco parlamentare della libertà e della dignità e dell’Alleanza democratica – tutti e tre contro Ennahda e le sue chiare mire egemoniche sul futuro governo – rendono difficili anche i numeri della futura maggioranza che dovra’ affrontare il voto dell’Assemblea Costituente (che funge da Parlamento) con il rischio di imboscate. Una situazione figlia dell’intransigenza del partito islamico che ha impallinato il tentativo del premier uscente Jebali di formare un governo di tecnici. Dopo avere detto di accettare che i ministeri piu’ importanti vadano a personalita’ esterne alla politica, nel corso della trattativa Ennahda ha messo una serie di paletti tali da portare alla rottura con i tre partiti papabili ad entrare nella maggioranza, ma anche a rendere tesissimi i rapporti con Ettakatol e CpR.
Per dare un’idea del clima che si respira in queste ore difficilissime in Tunisia basti pensare che il nome proposto da Ennhada per il ministero della Difesa (con Giustizia, Esteri e Interni quelli di cui tanto si sta discutendo) sarebbe quello di una persona vicinissima al partito islamico e, accusano dall’opposizione, legato a doppio filo con Hamas attraverso il genero, palestinese. Accuse, insulti, rivelazioni, pettegolezzi: tutto serve a rendere la situazione molto complessa e di difficile soluzione. Se entro sabato mattina Laarayedh non riuscira’ a venire a capo della matassa, non gli restera’ altro che presentarsi, da sconfitto, al presidente della Repubblica per rimettere il mandato ricevuto una decina di giorni fa. Cosa potrebbe allora accadere? Qui diventa tutto piu’ complicato, perche’, in base alla legge, Marzouki, dopo un formale giro di consultazioni, dovrebbe nuovamente chiedere ad Ennahda di indicare un candidato premier, con bassissime possibilita’ di successo, a meno di clamorosi passi indietro. Una via di uscita ci potrebbe essere e sarebbe un boccone amaro per Ennahda: dare l’incarico al premier uscente Jebali. Che, dopo avere detto di no ad Ennahda, per non sottostare ai suoi ordini, non potrebbe fare altrettanto con Marzouki, ma finalmente con mani libere per trattare con la vecchia opposizione e con spezzoni della maggioranza.
































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