Scrive La Stampa: "Trentacinque senatori annunciano che Renzi, per realizzare i suoi piani, dovra’ passare sul loro cadavere. Vorrebbero tenere il Senato cosi’ com’e’, vale a dire eletto dai cittadini e con tutti (o quasi) i suoi attuali poteri. Se proprio si vuole fare economia, dicono, tagliamo un po’ di deputati che sono 630… Diciotto dei 35 kamikaze appartengono alla maggioranza: in pratica sono i soliti dissidenti Pd che gia’ si erano autosospesi, salvo tornare sui loro passi, piu’ un paio di centristi. Hanno presentato un emendamento che reca, tra le firme piu’ note, quelle di Chiti, di Casson e dell’ex ministro Mauro. In Commissione affari costituzionali (dove si comincia a votare da lunedi’) l’emendamento dei 35 verra’ sicuramente bocciato. Ma poi la questione rispuntera’ in Aula. E in quel momento bisogna vedere cosa faranno tutti gli altri senatori col maldipancia, che finora non sono venuti allo scoperto. Pare ce ne siano una decina almeno tra gli alfaniani e molti, molti di piu’ dentro Forza Italia, qualcuno dice una trentina. Se tutti quanti insieme venissero allo scoperto, effettivamente potrebbero fare massa critica con i grillini e impedire la maggioranza strategica dei due terzi (necessaria a Renzi per evitare il referendum confermativo previsto dalla Costituzione quando non viene superata quella soglia).
Dunque, e’ sul partito di Berlusconi che conviene accendere i riflettori. Anche perche’ li’ lo scontro e’ parecchio concitato, in qualche momento con toni da osteria. Non e’ confermata la voce secondo cui, a margine di un’assemblea dei senatori forzisti, Verdini e un dissidente sarebbero arrivati ieri agli spintoni accompagnati da male parole. Sicurissimo, invece, e’ che la linea ufficiale favorevole alla riforma e’ stata contestata da 4 interventi (Razzi, Caliendo, Minzolini e Zuffato). La fronda sarebbe stata ben piu’ numerosa se la riunione non fosse stata interrotta sul piu’ bello, pare per questioni di orario. Ma la discussione riprendera’ in grande stile all’inizio della prossima settimana, sempre che Berlusconi dia il benestare all’iniziativa di Brunetta. Il quale ha convocato, d’intesa con l’altro capogruppo Romani, un’adunanza di tutti i parlamentari ‘azzurri’, compresi quelli appena eletti a Strasburgo. Per decidere tutti insieme la linea sulle riforme, con metodo democratico e alla luce del sole.
Qui pero’ si pone un problema politico. L’assemblea, una volta riunita, diventerebbe infatti lo sfogatoio di tutta la dissidenza. Chi interverrebbe per demolire la riforma del Senato, e chi per contestare la linea del partito, giudicata troppo accondiscendente nei confronti di Renzi. A quel punto Berlusconi avrebbe due strade: battere i pugni sul tavolo e rimettere tutti in riga. Oppure allargare le braccia e lasciare che ciascun senatore si regoli come meglio crede (ipotesi accarezzata da Romani). Ma in questo caso le riforme farebbero una gran brutta fine, e Matteo se la legherebbe al dito. Il Pd, mette in guardia Verdini, potrebbe vendicarsi buttando nel cestino dei rifiuti la legge elettorale meglio nota come ‘Italicum’, che a Berlusconi piace in quanto fa fuori i partitini. Non solo. Renzi ha molte altre armi per pretendere il rispetto dei patti, alcune delle quali avrebbero su Berlusconi la stessa efficacia di un coltello puntato alla gola. Per esempio, al premier sarebbe sufficiente applicare alla lettera qualche direttiva Ue in materia di concessioni tv per mettere sul lastrico l’ex Cavaliere… Il quale ne risulta ben consapevole e poco desideroso di correre rischi. Le ultime della notte raccontano che, su pressing di Verdini, Berlusconi sarebbe intenzionato a mantenere i patti, almeno per ora. Dunque niente assemblea dei parlamentari per discutere la linea sulle riforme. La democrazia interna e’ un lusso che Silvio non si puo’ permettere".
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