Il 17 aprile gli italiani voteranno per il referendum sulle trivellazioni in mare per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi, ovvero di petrolio e gas. Nove sono state le regioni che hanno proposto il testo referendario e, nonostante ormai manchino davvero pochi giorni, la confusione su cosa prevede il ‘si’ e cosa invece il ‘no’, è ancora molta.
Come in ogni votazione, non sono state poche nemmeno le polemiche tra i sostenitori del ‘si’, ovvero chi intende fermare le trivelle, e i sostenitori del ‘no’, soprattutto in materia di rischi ambientali e ripercussioni sul turismo.
Anche gli italiani nel mondo sono stati chiamati a votare. “Io ho già votato presso la mia residenza a Melbourne – dichiara Marco Fedi, Pd – così il 17 non andrò alle urne ma ci sarei certamente andato perché penso che andare a votare sia un dovere oltre che una responsabilità e tutti dobbiamo sentirci questa responsabilità”.
Un chiaro no è quello di Fedi, che spiega a ItaliaChiamaItalia che ha espresso questa votazione perché “chi investe in ricerca e poi realizza le piattaforme che a mio avviso dovrebbero avere la durata del giacimento, non ha molto senso che si fermi, con riserve di metano ancora da estrarre. Non è ragionevole neanche dal punto di vista economico e a livello di credibilità internazionale. Non è indicato cambiare le regole di un percorso a metà strada dello stesso”.
Queste le ragioni che hanno spinto Fedi al voto del no, il quale ha specificato come questo non sia un referendum sulle trivelle ma sulla durata delle concessioni e poiché negli anni l’Italia non si è dotata di un piano energetico preciso e non ha preso decisioni chiare in questo settore, il governo Renzi sta mettendo mano a questa partita. “Spero che presto il parlamento sia chiamato a discuterne, ma non è certo con un referendum di questo tipo, profondamente sbagliato, che si riesce ad affrontare il problema dell’uso di energie o degli idrocarburi che abbiamo in Italia”, sottolinea Fedi.
Alla nostra domanda sull’azione delle organizzazioni ambientaliste e su come queste stiano facendo la loro campagna per il sì, dichiara inoltre che queste stanno giustamente utilizzando le informazioni che hanno orientandole in certi modi. “Gli ambientalisti stanno facendo una battaglia politica – aggiunge il deputato Pd residente in Australia – per dire al paese che l’ambiente è più importante ed essendo l’Italia un paese che vive di turismo, dovrebbe evitare di avere entro le 12 miglia trivellazioni di questo tipo, che è assolutamente ragionevole. Ma il problema è che le trivellazioni già esistono, i pozzi esistono, gli idrocarburi li stiamo già estraendo, prevalentemente metano ma anche petrolio e tutto è stato già deciso da altri governi e non ha nessuna logica dal punto di vista economico cambiare idea a metà strada e soprattutto non fare la cosa giusta, ovvero estrarre fino alla durata del giacimento, dopo di che non ci saranno più trivellazioni entro le 12 miglia nel Mediterraneo e bisognerà puntare sulle nuove energie e sulle nuove scelte di energie rinnovabili”.
Di parere diverso è invece Gianni Farina, sempre Pd, eletto nella ripartizione estera Europa, il quale afferma che anche in Svizzera il voto è già avvenuto e, nonostante non voglia rivelarci se il suo è stato un ‘sì’ o un ‘no’, dichiara che “c’è sicuramente un problema economico, ma la trivellazione è una violenza del suolo e la difesa dell’ambiente e del territorio non deve essere applicata solo perché l’ambiente è ricchezza, ma perché questo è il fondamento di ogni società del futuro. Chi rispetta l’ambiente progredisce. È chiaro che dobbiamo puntare su altre forme di energia e rispettare la natura. Se si potesse fare a meno delle trivellazioni non sarebbe male. Noi dobbiamo puntare a valorizzare il territorio per le bellezze che ha questa meravigliosa Italia, non ad estrarre un po’ di metano”.
Non è andata a votare, invece, Renata Bueno, Usei, eletta nella ripartizione estera Sud America, che si trova in Italia e che forse non sa che può votare anche da qui, ma nonostante la sua impossibilità di espressione del voto, afferma che “è importante che i cittadini italiani all’estero votino per dimostrare il loro interesse per il Paese. Io non mi sento di esprimere un pensiero personale sul referendum perché ritengo che la questione delle trivelle sia un tema piuttosto tecnico, ma consiglio a tutti gli italiani di rispondere con il dovere di andare votare”. Risponde così la Bueno, residente in Brasile, alla nostra richiesta di opinione, dicendo che non ne ha una in merito e che probabilmente avrebbe votato sì perché d’accordo con le esigenze delle regioni.
Non voterà neanche Vittorio Pessina, Coordinatore degli Italiani all’estero per Forza Italia, che spera non si raggiunga il quorum e che crede fermamente nell’inutilità di questo referendum per gli italiani all’estero. “Oltre ad uno scarso interesse se non localizzato su quegli italiani nel mondo che hanno origini nelle zone interessate dal referendum, si aggiunge anche la complicazione del voto. A parte il costo notevole rappresentato dal fatto che tutti i consolati devono mandare la scheda via posta con dentro la busta preaffrancata per la risposta, il tutto è talmente laborioso che il processo di votazione stesso è disincentivante”.
Entrando nel merito del contenuto del referendum, Pessina continua affermando che personalmente è favorevole allo sfruttamento integrale, senza limitazioni temporali, ma non voterà comunque, nonostante creda che i ‘pro’ prevalgano sui ‘contro’ espressi dagli ambientalisti. “Non sono un ambientalista ma rispetto la natura – conclude il senatore – e non credo che questo problema sia così importante dal punto di vista ecologico da meritare il tempo e il denaro di un referendum”.
Cosa succede se vince il ‘sì’? – Le attività delle società petrolifere incaricate delle trivellazioni attuali, cesserebbero progressivamente la loro attività secondo la scadenza ‘naturale’ fissata al rilascio delle concessioni, al di là delle condizioni del giacimento. Il fermo scatterebbe quindi alla scadenza dei contratti già stipulati in passato e si potranno comunque ancora cercare ed estrarre idrocarburi al di là delle 12 miglia e sulla terraferma.
Cosa succede se vince il ‘no’ o non si raggiunge il quorum? – Le attività di ricerca ed estrazione non avrebbero una data di scadenza certa, ma potrebbero proseguire fino all’esaurimento dei giacimenti interessati. Le concessioni, con una modifica apportata al testo in materia dall’ultima Legge di Stabilità, potrebbero rimanere in atto “per la durata di vita utile del giacimento”. Possibilità che in caso di vittoria del ‘no’, rimarrebbe nel rispetto delle valutazioni di impatto ambientale che andranno comunque fatte in caso di richiesta di rinnovo.
Chi sono i promotori e sostenitori del Referendum? – La richiesta referendaria è stata presentata da nove Regioni: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise, a cui si sono aggiunte le associazioni e i comitati ambientalisti, tra cui Legambiente, Greenpeace e il Wwf.
































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