Contemplazione, vicinanza, abbondanza: sono le tre parole intorno alle quali Papa Francesco ha incentrato la sua omelia nella Messa di stamani alla Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che non si puo’ capire Dio soltanto con l’intelligenza e ha sottolineato che "la sfida di Dio" e’ "immischiarsi" nelle nostre vite per guarire le nostre piaghe, proprio come ha fatto Gesu’. L’immagine che Bergoglio da’ e’ quella di un’infermiera in un ospedale che "guarisce le ferite a una a una con le sue mani". Dio, per il Papa, "non ci salva soltanto per un decreto, una legge; ci salva con tenerezza, ci salva con le carezze". Per entrare quindi nel mistero di Dio non basta l’intelligenza, servono "contemplazione, vicinanza e abbondanza".
Papa Francesco ha preso spunto dalla Prima Lettura, un brano della Lettera di San Paolo ai Romani. La Chiesa, ha detto il Papa nell’omelia raccolta da Radio Vaticana, "quando vuole dirci qualcosa" sul mistero di Dio, "soltanto usa una parola: meravigliosamente". Questo mistero, ha proseguito, e’ "un mistero meraviglioso": "Contemplare il mistero, questo che Paolo ci dice qui, sulla nostra salvezza, sulla nostra redenzione, soltanto si capisce in ginocchio, nella contemplazione. Non soltanto con l’intelligenza. Quando l’intelligenza vuole spiegare un mistero, sempre – sempre! – diventa pazza! E cosi’ e’ accaduto nella Storia della Chiesa. La contemplazione: intelligenza, cuore, ginocchia, preghiera…tutto insieme, entrare nel mistero. Quella e’ la prima parola che forse ci aiutera’". La seconda parola che ci aiutera’ a entrare nel mistero, ha detto, e’ "vicinanza". "Un uomo ha fatto il peccato – ha rammentato – un uomo ci ha salvato". "E’ il Dio vicino!" E’, ha proseguito, "vicino a noi, alla nostra storia".
































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