Fu tradita così, per sempre, la matrice ideologica di sinistra. Succede in estate con il caldo torrido che le menti perdano lucidità, che la coerenza si sciolga come neve al sole e che la sinistra reinventi se stessa come da copione in questi ultimi vent’anni. Qualche volto di spicco come quello di Occhetto magari non c’è più, però la macchina da guerra giunge come un profluvio di stantia speranza nelle botteghe oscure.
Per vincere le elezioni i difensori della questione morale abiurerebbero qualunque vessillo, pur di andare al potere. Ed ecco che quando tutto sembrava pronto e la coalizione pressoché ultimata, le carte vengono rimescolate e il centro-sinistra cambia toni ed assetto.
Un improvviso, solido, asse Bersani – Vendola tira fuori dalla foto di Vasto Di Pietro e l’Idv che giocherà il tutto per tutto da sola con un occhio al M5S di Beppe Grillo. Ci riferiscono, per epurare i toni sopra le righe di Tonino e per attirare Pierferdinando Casini e la sua Udc nel calderone progressista.
Resta un arcano mistero l’improvvisa apertura del leader di Sel al movimento cattolico di centro, o forse no. Da pugliese guardando da vicino Nichi, le fabbriche, e la sua opera, si evince un patinatissimo senso di ipocrisia ed incoerenza coperto da una eccezionale struttura organizzativa ed informativa che ha soggiogato opposizione ed elettorato. Capacità oratorie straordinarie, molto duttile nei sofismi, carisma e potere d’attrazione per giovani e new media. Il politico più berlusconiano di sinistra.
Fa strano vedere un personaggio così ideologico mettere da parte ogni attrito su idee, programmi ed intenzioni e vendere cara la pelle pur di sedere in Parlamento, o magari essere premier.
Le velleità di un amministratore incapace di amministrare che se (tratto dal film Wall Street) vendesse bare non morirebbe più nessuno, eccita gli umori del suo piccolo feudo ma fredda i cuori di chi sa bene come sia del tutto inadatto nella gestione della cosa pubblica.
Una sinistra opaca, obsoleta ed incapace di rigenerarsi trova uno spiraglio nella riproposizione di Silvio Berlusconi come nemico da abbattere nel tutti contro uno. Una boccata di ossigeno per chi non sapeva più come tirare a campare. Che fine avrebbero fatto le femministe, il popolo viola, le esuberanze dell’ex pool di mani pulite, l’indignazione di Vendola per le battute sugli omosessuali e via discorrendo? Come avrebbe fatto Bersani nella prossima legislatura a non riproporre il suo mantra? “Berlusconi si deve dimettere!”
Quando il giochino pareva essersi rotto, ecco che tutto, magicamente, sembra tornare al suo posto. La parentesi tecnica è servita alla politica nostrana per compiere un miracolo. Si comincia a promettere qualsiasi cosa, i vecchi volti vengono epurati, la rivoluzione parte e si conclude con il ritorno dei soliti noti nei soliti posti con i soliti ruoli. Come se nulla fosse successo la ferita nella partitocrazia s’è rimarginata, ma la frattura all’interno del Paese, no.
Twitter @andrewlorusso
































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