Un vero peccato che il mio amico e presidente del Senato Ignazio La Russa abbia banalizzato con una frase infelice quanto successe in Via Rasella, a Roma, il 23 marzo del 1944, con l’attentato che portò poi allo spaventoso eccidio delle Fosse Ardeatine. Una volta di più si è persa così l’occasione di ricordare invece nei dettagli – soprattutto ai più giovani – questo episodio inutile e criminale compiuto da un gruppo di partigiani comunisti. Nella solita lettura demagogico-retorico-resistenziale, si evita innanzitutto di ricordare che Roma era stata dichiarata “città aperta” e che quindi – sotto l’auspicio vaticano – non ci dovevano essere attacchi e azioni di guerra.
Non ci fu nulla di eroico nel far scoppiare una bomba al passaggio di una compagnia di soldati italo-tedeschi (erano delle province di Bolzano, Trento e Belluno) che con le armi scariche tornavano a piedi in caserma. Erano persone anziane richiamate, non forze combattenti nè SS o ipso-facto “nazisti”. Ne furono uccisi 33, oltre ad alcuni civili (compreso un ragazzo di 12 anni) che semplicemente passavano di lì.
Soldati obiettivamente inermi perchè l’attacco non fu appunto contro un comando militare o uccidendo degli alti ufficiali oppure prendendo di mira un deposito di armi o per creare un qualsiasi vantaggio dal punto di vista bellico. No, fu solo un’imboscata per scatenare la rabbia tedesca, una scelta “a freddo” voluta e compiuta del Partito Comunista Italiano (di cui il leader Giorgio Amendola nel dopoguerra si assunse la responsabilità morale e politica) e che portò a una rappresaglia spaventosa, inumana, drammatica, assurda, ma che era già stata annunciata e che non ci sarebbe stata senza l’inutile attentato che alla fine portò a morte 370 persone innocenti.
Nessuno dei “coraggiosi” responsabili si presentò per evitare la rappresaglia e così il PCI in un colpo solo sfruttò la situazione non solo per l’indignazione della gente, ma sapendo bene che i tedeschi avrebbero ucciso per rappresaglia prima di tutto i detenuti politici che in quel momento a Roma erano quasi tutti delle altre varie forze della Resistenza, a cominciare dai 57 militanti del Partito d’Azione, al leader dei partigiani monarchici – il colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo – e i 44 appartenenti a “Bandiera Rossa”, frazione partigiana che il PCI ufficiale non gradiva per niente.
La bomba di Via Rasella fu un’azione duramente criticata anche da molti ambienti antifascisti e che portò a fratture gravissime sul fronte partigiano, eppure giudicata così “eroica” che nel dopoguerra agli attentatori fruttò encomi e medaglie.
Carla Capponi – una delle attentatrici – ricevette addirittura la medaglia d’Oro al valore militare (!) e fu eletta due volte al Senato per il PCI. Pensare di equiparare la Capponi a un Salvo D’Acquisto (l’eroico carabiniere che offrì volontariamente la propria vita perchè i tedeschi risparmiassero altri condannati a morte dopo un rastrellamento) è un insulto alla memoria storica, eppure è andata proprio così.
Non posso che sottolineare come ci sia ancora oggi un mondo retorico-resistenziale che ad ormai 80 anni dai fatti non ha avuto ancora il coraggio di ammettere le proprie responsabilità, le proprie nefandezze che si mischiano e macchiano tanti atti gloriosi ed eroici dell’antifascismo vero, quello idealista e “pulito” di decine di migliaia di persone che lottarono e soffrirono per la libertà del nostro paese. Gente per fortuna ben diversa dai GAP (Gruppi di azione patriottica) del PCI che in tutta Italia come in Via Rasella puntarono invece solo ad uccidere, a diffondere l’odio, le divisioni, le vendette, le rappresaglie. Certo non si può voler scrivere e raccontare la storia d’Italia e dimenticare questi loro misfatti.
Tra due settimane sarà il 25 aprile con le consuete manifestazioni troppo spesso retoriche, ma temo che anche quest’anno nessuno ammetterà l’inutile violenza che fu volutamente alimentata per mesi dal partito comunista che aveva ben altri fini – ovvero la rivoluzione sovietica – piuttosto che la libertà del nostro paese. Così come quasi nessuno credo ricorderà anche quegli “altri” italiani, quelli massacrati in decine di migliaia nei giorni e nei mesi successivi al 25 aprile del ’45, spesso solo perchè avevano scelto e si erano ritrovati “dalla parte sbagliata”.