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                  La laicità come base per un nuovo patto repubblicano per l’Italia – di Andrea Verde

                  di ItaliaChiamaItalia
                  lunedì 06 Maggio 2013
                  in Politica
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                  Come sarà l’Italia che verrà? A quale modello ci ispireremo per favorire l’inserimento degli immigrati, nella nostra comunità nazionale? Come risponderemo alle sfide poste dal multiculturalismo, come riusciremo a limitare le tendenze identitarie e favorire una vera integrazione per assimilazione? La risposta sembra scontata; con un nuovo patto repubblicano che, ponendo al centro di ogni azione il rispetto della dignità umana e respingendo ogni forma di xenofobia, tracci nuovi percorsi per la cittadinanza basati sull’etica del dovere e sulla cultura dei diritti. Affermare questi principi significa che tra la negazione dei problemi e la demagogia esiste una terza via: quella della responsabilità. Il primo valore da affermare, tuttavia, è quello della «laicità positiva»; una laicità che unisce, che dialoga e non una laicità che esclude o denuncia. Grande rispetto per tutte le religioni, ma mano ferma contro il dilagare di estremismi. Occorre in primis assicurare una pedagogia della laicità; l’ignoranza è oggi il primo nemico della laicità; la laicità è troppo spesso confusa con il rifiuto delle religioni. Quest’ignoranza è alla base delle paure, dei pregiudizi, delle incomprensioni e delle strumentalizzazioni. Da qui la prima proposta; prevedere nei programmi scolastici obbligatori, un insegnamento relativo del principio della laicità, collegato con la presentazione delle grandi religioni e mettere in pratica una formazione obbligatoria della laicità per i funzionari pubblici. La battaglia per l’integrazione ruota intorno a questo punto fondamentale: o prevale lo spirito repubblicano – e quindi l’integrazione per assimilazione con l’affermazione del principio di assoluta neutralità dello Stato verso i culti religiosi -, o prevale la visione comunitarista e separatista.

                  Il modello a cui faccio riferimento è quello francese, contrapposto a quello inglese e tedesco. La laicità della Repubblica francese è ribadita nella Costituzione del 1958. Il primo articolo dispone infatti che «La Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale». La Francia è un insieme di culture, di credenze, di storie, di destini che si sono incontrati; una moltitudine di volontà individuali che si sono unite per dare alla Francia un’anima, un carattere, una volontà. La Francia è laicità. La Francia è l’eguaglianza dei diritti e dei doveri. La Francia è la libertà d’espressione. Questi valori non sono negoziabili; sono l’essenza dell’identità nazionale. In Francia la satira è libera, si insegna Voltaire e non si minacciano i filosofi. La Francia rifiuta il settarismo, che è contrario ai principi repubblicani e che apre le porte a forme di ghettizzazione e di emarginazione. Uno Stato forte ed autorevole è condizione necessaria per una serena coabitazione, poiché è lo Stato che protegge, che unisce ed è attraverso lo Stato che la Nazione esprime una volontà collettiva, un progetto e che prepara l’avvenire. Questa visione è sempre stata alla base dell’azione sia di Jacques Chirac sia di Nicolas Sarkozy, che hanno saputo reagire con mano ferma al dilagare dell’integralismo musulmano in Francia. Ma per capire quale sia la posta in gioco bisogna tornare indietro di qualche anno e precisamente al 2003.

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                  L’avanzata islamica in Francia aveva riaperto la questione religiosa e reso necessari alcuni chiarimenti: i valori essenziali della République quali l’eguaglianza tra uomo e donna erano stati rimessi, in alcune occasioni, in discussione, indebolendo l’insieme della comunità nazionale; alcuni estremisti cercarono di strumentalizzare la religione a fini politici, a danno dei credenti che furono le prime vittime di queste manovre; il perdurare di questi problemi rendeva difficile la costruzione di un Islam in una repubblica laica. La legge Stasi che vieta l’ostentazione dei segni religiosi nei luoghi pubblici, l’installazione del Consiglio francese del Culto Musulmano, furono tappe importanti volute da Jacques Chirac e da Nicolas Sarkozy per favorire il passaggio da «un Islam in Francia» ad «un Islam di Francia». Quando venne approvata la legge Stasi, la reazione di una parte del mondo musulmano fu molto violenta: essi obiettarono che il velo islamico era un simbolo fondamentale della loro cultura e quaranta ragazze, che rifiutarono di togliere il velo, furono espulse dalla scuola pubblica. La legge Stasi fu una prima risposta davanti al dilagare dell’estremismo. L’Islam cominciò a diffondersi in Francia a partire dagli anni cinquanta con l’arrivo in massa di lavoratori provenienti soprattutto dalle zone del Maghreb. Oggi è la seconda religione in Francia con quasi sei milioni di praticanti. Per molto tempo la coabitazione è stata pacifica; le vecchie generazioni erano poco praticanti. Negli ultimi anni i problemi economici e di integrazione spinsero sempre più persone, specie nelle nuove generazioni, a trovare risposte nella religione dei loro padri. Alcuni caddero nella rete dell’estremismo che cercava di imporre la religione come un modo di vita con una morale molto rigida; i più fanatici volevano sottomettere la vita pubblica e dello stato alla religione. Sia pur minoritari, questi gruppi hanno avuto una notevole influenza nella comunità musulmana, soprattutto in tema di morale, e la timidezza se non l’aperta ostilità mostrata da certi iman sulla legge Stasi prima e sul divieto del burqa in seguito, fu sintomatica del lavoro che restava da fare in tema di integrazione.

                  Qualche anno fa le cronache francesi diedero risalto alla storia di Naima, una donna di 29 anni, che decise di non far più frequentare la scuola pubblica alle sue tre figlie a causa dell’esistenza di classi miste e dove, tra le altre cose, si insegna ai bambini a credere a Babbo Natale. Naima istruiva le proprie figlie a casa. Programma: alfabeto francese, arabo, e tanta religione. Naima si era convertita da poco ed aveva distrutto tutte le foto per non avere più souvenir del passato e perché «la religione vieta la riproduzione delle immagini delle persone». Naima dichiarò di far parte di una nuova generazione che voleva vivere l’Islam in maniera visibile, e che sognava di avere ospedali, scuole ed aziende musulmane per poter vivere pienamente il credo religioso.

                  Chirac e Sarkozy hanno sempre avuto ben presente quali fossero i rischi di una deriva estremistica dovuta ad un vuoto legislativo, e per questo la loro azione politica ha sempre puntato a ribadire la centralità dello stato e delle istituzioni.

                  Dopo la legge Stasi che vietava l’ostentazione dei segni religiosi nei luoghi pubblici é stata la volta del burqua, vietato perché segno di «sottomissione e di umiliazione della donna»; parallelamente il governo é venuto incontro all’esigenza dei musulmani di creare nuovi luoghi di culto, prevedendo speciali finanziamenti, affitti di lunga durata con possibilità di riscatto ed agevolazioni fiscali in cambio di un controllo rigoroso della provenienza di finanziamenti stranieri (per evitare sostegni da parte di stati collusi con il terrorismo) e della cessazione dell’occupazione delle strade. La creazione di un organismo rappresentativo (il Consiglio del Culto Mussulmano), con un registro degli iman e con l’obbligo per gli stessi di svolgere le loro funzioni in lingua francese furono tappe successive per favorire un islam moderato perfettamente integrato nella République. Ma Sarkozy non si è limitato alla politica repressiva; ha saputo dare forti segnale di cambiamento dimostrando che la Francia è il paese della pari opportunità dove anche le persone provenienti dall’immigrazione posso ambire alle cariche più prestigiose. Parafrasando Malraux, secondo cui «Paesi come la Francia sono grandi quando lo sono soprattutto per gli altri», l’ex presidente francese Sarkozy, è bene ricordarlo, prese anche diverse posizioni, a livello internazionale, per denunciare quei paesi che calpestano regolarmente i diritti dell’uomo, discriminano e reprimono le minoranze, tollerano pratiche barbare come l’infibulazione, diffusa ancora in diverse regioni africane, e la poligamia. Esemplare al riguardo fu la presentazione della mozione francese all’Onu, nel 2009, contro le discriminazioni praticate da alcuni paesi verso gli omosessuali, spesso puniti con la morte per impiccagione. Mozione che fu osteggiata dal Vaticano, con l’Italia che, rappresentata dall’allora ministro degli esteri Frattini, non osò prendere posizione per non irritare la Santa Sede.

                  Anche gli affondi dell’ex Primo ministro francese François Fillon, contro la macellazione rituale (sgozzamento dell’animale senza stordimento) che, esprimendosi a titolo personale, ha dichiarato che «le religioni dovrebbero riflettere sul mantenimento di tradizioni ancestrali che non hanno più niente a che vedere con lo stato della scienza, della tecnologia ed i problemi di salute», va nella giusta direzione del superamento di logiche comunitariste ed identitarie. L’argomento, non a caso, é molto sensibile e sta dividendo l’opinione pubblica francese.

                  L’Inghilterra giudica molto unbritish le norme ristrettive che la Francia ha imposto sui simboli religiosi e sul velo integrale. Ma in Inghilterra prevale la separazione, il comunitarismo. La comunità musulmana vive a parte, non è necessariamente integrata e mantiene le sue spinte identitarie; c’è sempre stato un atteggiamento fin troppo tollerante verso gli estremisti musulmani anche davanti a minacce o violenze inflitte, in nome di un multiculturalismo di stampo relativista e nichilista, adducendo come motivazione una differente estrazione culturale. La laicità positiva parte dal presupposto di regole condivise: implica l’integrazione e rifiuta il comunitarismo. Il comunitarismo praticato in Inghilterra ed in Germania è il contrario della «République»; é una chiusura che apre il campo a forme di settarismo e di ghettizzazione. E’ segregazione e spesso violenza. Nei paesi «comunitaristi» esistono i tribunali sharitici, per dirimere piccole controversie all’interno della comunità, e si tollera che un genitore possa bastonare una figlia che si rifiuta di portare il velo. Il modello francese prevede invece l’integrazione per assimilazione: i valori repubblicani sono condivisi da tutti e la laicità è il cardine del patto repubblicano.

                  Per rendere solenne questi principi, il 17 dicembre 2003 Jacques Chirac fece un appassionato discorso, in cui invitò i francesi ad unirsi intorno al principio della laicità, che è «pietra angolare della République, emblema dei nostri valori comuni di rispetto, tolleranza e di dialogo». In Francia l’ostentazione dei simboli religiosi nelle scuole e nei luoghi pubblici è vietata: niente crocifissi, niente velo, niente kippa. Per gli alunni di religione ebraica o musulmana non sono previsti menù Kacher o halal, ma menu vegetariani alternativi. Gli studenti hanno l’obbligo di seguire tutti i corsi, compresi quelli di storia, di sport e di educazione sessuale. In Francia la laicità viene garantita anche nel quadro dei servizi pubblici.

                  Nessuno può utilizzare il proprio credo religioso per affrancarsi dalle regole comuni che regolano le relazioni tra la pubblica amministrazione e i cittadini (se questa norma valesse anche in Italia sarebbe vietata l’obiezione di coscienza dei medici e dei farmacisti). Come diretta conseguenza ne scaturisce il divieto di ricusare un agente del servizio pubblico in ragione del sesso o della religione presunta (che peraltro non dovrà essere conosciuta poiché gli agenti del servizio pubblico sono tenuti al dovere di neutralità).

                  E’ bene ricordare, ad esempio, che in Inghilterra, contrariamente alla Francia, un uomo di fede musulmana, può rifiutarsi di far curare la propria moglie o la propria figlia da un medico di sesso maschile.

                  Sempre in Francia, un genitore, non può opporre motivi religiosi per impedire una trasfusione di sangue al proprio figlio. Gli spazi pubblici come le piscine, sono misti (nonostante i musulmani chiedessero orari differenziati per le donne per metterle al riparo dagli sguardi maschili) e i funzionari pubblici non possono portare, sul posto di lavoro, segni ostentari religiosi né manifestare la loro appartenenza confessionale.

                  In Italia questo genere di dibattiti assume spesso toni da crociata, tra opposti massimalismi. L’episodio verificatosi a Torino nel 2011 è emblematico dello stato confusionale in cui versa il dibattito sulla laicità in Italia. Un’interprete araba, che si rifiutava di togliere il velo, venne allontanata, il 14 ottobre 2011, da un giudice del tribunale in quanto la legge italiana prevede che si assista alle udienze a «capo scoperto». Bruno Tinti sul «Fatto Quotidiano» e Giovanna Zincone sulla «Stampa» criticarono la decisione del tribunale di Torino. Secondo Tinti, il giudice ha avuto torto in quanto la pretesa della donna di indossare il foulard avrebbe un fondamento costituzionale nel diritto di riconoscersi in un credo religioso. Sia Tinti sia la Zincone giudicarono eccessivo il provvedimento del giudice in quanto non sussistevano particolari ragioni di ordine pubblico ed invitarono ad affrontare la questione con un approccio morbido e tollerante in modo da evitare imposizioni. Ciò che sembrò sfuggire ad entrambi è l’opportunità della presenza dei simboli religiosi nei luoghi pubblici. Vorrei ricordare che in Francia, non più tardi di un anno fa, la corte d’appello di Versailles diede ragione alla direttrice di una scuola materna che licenziò una dipendente che si rifiutava di togliere il velo islamico sul posto di lavoro. Il tribunale sentenziò che nelle strutture pubbliche, finanziate da organismi statali, si deve applicare la laicità. Sono dunque vietati tutti i segni ostentatori religiosi in nome della neutralità della République. Non si tratta di essere più o meno tolleranti: la posta in gioco è ben altra e riguarda il modello di integrazione che auspichiamo e il ruolo delle religioni nel sistema repubblicano.

                  La lotta contro il fondamentalismo è dura in Francia; scuole, ospedali, quartieri sono sottoposti quotidianamente alle pressioni degli integristi. La sentenza di Versailles afferma che la laicità è una grammatica comune alla quale i francesi sono profondamente attaccati. La laicità permette a ciascuno d’esercitare liberamente il suo credo o il suo non credo negli spazi appropriati, rispettando la neutralità degli spazi comuni di tutti i cittadini.

                  L’affermazione della laicità positiva e la lotta contro il comunitarismo anche in Italia servono per evitare che ragazze come Hina Saleem possano essere sgozzate di nuovo perché colpevoli di volersi fidanzare con un ragazzo italiano, e per permettere a tante ragazze come lei di potersi affrancare da tradizioni ancestrali e di diventare cittadine italiane a pieno titolo.

                  Riusciremo in Italia a farci portatori di una cultura comune che favorisca il dialogo e la comprensione? Riusciremo a fare in modo che la autorità siano molto vigili e ferme nel reprimere in maniera esemplare ogni forma di istigazione alla violenza, all’odio razziale o religioso? Riusciremo ad avere una morale condivisa e a dotarci di quel minimo di regole, di norme e di codici che siano alla base di una civile convivenza? C’è da augurarsi che anche in Italia si possa aprire un vero dibattito, ricordando che solo con un modello di integrazione per assimilazione e con l’affermazione della laicità positiva si possono battere le spinte identitarie, così come costruire una vera identità repubblicana in cui si possano riconoscere tutti i cittadini italiani, qualunque sia la loro origine e il loro credo religioso. Per questo occorre uno stato forte ed autorevole che faccia prevalere la cultura sull’ignoranza e l’interesse generale sugli interessi particolari.

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                  Denise Ruggeri

                  TRAGEDIA SUL NILO | Morta Denise Ruggeri, l’accusa del marito: “Ritardi nei soccorsi”

                  martedì 23 Dicembre 2025
                  Alberto Trentini

                  VENEZUELA | Italiani all’estero, Porta (Pd): “Alberto Trentini in carcere da 400 giorni”

                  martedì 23 Dicembre 2025
                  ITALIA-GERMANIA

                  GERMANIA | L’influsso silenzioso dello stile di vita italiano

                  martedì 23 Dicembre 2025
                  Sen. Mario Borghese, MAIE, durante i lavori in Commissione Bilancio al Senato

                  MANOVRA | Borghese (MAIE): “Bene l’attenzione del governo per gli italiani all’estero”

                  martedì 23 Dicembre 2025
                  Francesco Giacobbe, Pd

                  MANOVRA | Giacobbe (Pd): “Governo Meloni ignora il ruolo strategico degli italiani all’estero”

                  lunedì 22 Dicembre 2025

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                  Imu italiani all'estero, sinistra spacciatrice di fake news
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                  SPACCIATRICE DI FAKE NEWS | Imu italiani all’estero, sinistra sempre più bugiarda

                  di Ricky Filosa
                  giovedì 11 Dicembre 2025

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                  IL PUNTO DI MARCO ZACCHERA | Riflessione europea di fine anno

                  lunedì 22 Dicembre 2025
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                  IL PUNTO DI MARCO ZACCHERA | Il ritorno di Fini

                  martedì 16 Dicembre 2025

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