Claudio Micheloni, senatore Pd, presidente del Comitato per le Questioni degli italiani all’Estero, a proposito del ‘road show’ dei commercialisti per l’internazionalizzazione delle pmi italiane, presentato oggi in Senato, commenta: “Non è un punto di arrivo ma di partenza, che rappresenta una parte di quella Italia che fa l’Italia malgrado le istituzioni non grazie alle istituzioni, perché garantisce al nostro Paese la posizione che ha nel mondo e continua a svilupparlo”.
Micheloni proprio come eletto all’estero (ripartizione Europa) dice di sentirsi "come un rappresentante di commercio fallito: non riusciamo a vendere l’enorme potenziale delle comunità italiane nel mondo, siamo vissuti come un fastidio sia dal nostro ministero degli Esteri che da altre istituzioni. Quello che non siamo riusciti a comunicare è l’evoluzione della storia, il ricordo del fatto che i nostri antenati che sono partiti hanno riequilibrato la bilancia dei conti italiani per molto tempo con le rimesse".
Per Micheloni “dobbiamo avere il coraggio di intraprendere un percorso di riforma vero per valorizzare il capitale degli italiani all’estero”. E a proposito di alcune indagini conoscitive che sta portando avanti il Comitato, indagini che non stanno dando risultati lusinghieri sullo stato in cui versano le politiche per gli italiani all’estero, il senatore residente in Svizzera confessa: “Sono un po’ preoccupato circa la nostra capacità di alzare il tappeto e vedere veramente cosa c’è nascosto sotto”.
L’esponente Pd porta l’esempio dei patronati italiani oltre confine: “La foto della situazione dei patronati non è bella, io ho intenzione di alzare diversi tappeti in questi mesi”. E aggiunge: “Anche per quanto riguarda la diffusione della lingua italiana, non è molto edificante alzare il tappeto degli istituti di cultura. In Germania, il Goethe Institute per promuovere una lingua non così diffusa nel mondo dispone di 250-300 milioni, la metà dei quali derivanti dall’economia perché hanno capito che promuovere il tedesco porta anche a vendere Mercedes e Bmw. Noi arriviamo a 70 milioni: se Confindustria e le grandi industrie italiane – conclude Micheloni – capiranno che forse ha senso investire in queste politiche purché siano di sistema, forse riusciremo a dare un contributo più importante”.































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