Ultime ore per il voto all’estero. L’attesa dei risultati, dopo che si terrà il voto in Italia, domenica e lunedì, può servirci per riflettere, anche se difficilmente candidati e responsabili di liste si siederanno tranquilli ad aspettare i risultati. Ma almeno chi non è impegnato in prima persona in queste elezioni, può raccogliere questo invito. Ci lasciamo alle spalle una campagna elettorale che è stata caratterizzata da aggressioni verbali e da scarso dibattito d’interesse, per quanto riguarda le proposte e i progetti. Come fa notare Walter Ciccione, “salve fatte poche eccezioni, le proposte sono le stesse solite, circoscritte al verbo chiedere: assistenza, assistenza sanitaria, lingua e cultura, dimenticando una questione centrale quale è lo scenario italiano radicalmente cambiato” e, come sottolinea, si tratta quasi sempre di “proposte e slogan uguali a quelli delle elezioni del 2008”! Quindi una campagna elettorale da dimenticare, proposte e dibattiti ripetuti per uno scenario che è radicalmente cambiato. Uno scenario che è in costante cambiamento anche a livello locale. Come avranno notato i nostri lettori, praticamente tutta la pubblicità elettorale è stata fatta in spagnolo. Cioè è rivolta al settore maggioritario della comunità italiana, costituito per oltre l’ottanta per cento da cittadini italiani nati in Argentina e che hanno meno difficoltà a capire il messaggio, se è scritto o parlato nella lingua locale, cioè lo spagnolo. I nostri lettori più anziani, ricorderanno il titolo che abbiamo scelto per questo editoriale. L’abbiamo preso in prestito al grande editoriale di presentazione del Corriere degli Italiani scritto da Ettore Rossi per il primo numero di quella storica testata, uscita il 9 maggio 1949. In essa Rossi, che era stato un esiliato antifascista, un uomo di idee chiare e forti, che si era opposto con tenacia al regime, proponeva per il nuovo giornale una politica di unione della collettività. Una collettività allora lacerata che rischiava di vedere ripetuto in Argentina il dramma della divisione vissuta in Italia durante la guerra civile e nell’immediato dopoguerra. Anche qui, e con caratteristiche anche proprie, si scontravano fascisti e antifascisti, monarchici e repubblicani, clericali e massoni, vecchi e nuovi emigrati. Rossi capì che solo una collettività unita aveva grandi possibilità di crescere, di svilupparsi, di integrarsi e di fare il bene dell’Italia e dell’Argentina.
Quel titolo e quell’idea di grande valore dell’unità della collettività, furono ripresi più di una volta da Mario Basti, fondatore della TRIBUNA ITALIANA. Oggi, che si sono chiusi i seggi, sentiamo il bisogno di chiedere anche noi alla collettività, alla comunità italiana in Argentina, di rivolgere lo sguardo verso il futuro.
Perché se è vero che ancora è tutta da esaudire l’agenda della collettività, che comprende le sacrosante richieste degli emigrati che hanno avuto meno fortuna in queste terre, su pensioni e assistenza; e se è vero che ci vuole un concreto, tangibile sostegno e una politica culturale dell’Italia verso le nostre comunità (e la propaganda elettorale in spagnolo è un evidente sintomo della mancanza di quella politica), che comprenda la lingua, la cultura e i media; e se è vero anche che non si può continuare a dare servizi a centinaia di migliaia di cittadini con l’attuale struttura consolare, è anche vero che oggi in Italia nessuno è interessato a queste problematiche, impegnati come sono a superare la crisi politica, la recessione economica e il malessere sociale.
Queste sono ragioni per le quali ci sembra che, finite le elezioni, liste e candidati, vincitori e vinti, dovrebbero impegnarsi per ricucire gli strappi che ha provocato questa campagna elettorale. Ragioni anche perché in seno alla nostra comunità cominci un dibattito serio e approfondito sul nostro futuro, su quel che vogliamo essere e quali strade percorrere per arrivarci. Non soltanto sulle strutture per ordinarci (che evidentemente vanno riviste) o sugli incarichi che in tanti vogliono occupare. Ma su chi siamo, per recuperare la fierezza e la consapevolezza delle nostre radici. Perché non è sufficiente dire che i giovani devono impegnarsi nella politica argentina. Ci sono già tanti cognomi italiani nella politica argentina, ma poche volte il rapporto fra i due Paesi è stato così distante e l’impronta culturale italiana così sbiadita nella società argentina. E anche su come contribuire a far sì che in Italia sia riscoperto il valore della presenza italiana all’estero. Perché capiscano che hanno tanto da guadagnare, specialmente in un momento difficile come questo. Un minuto di riflessione, per immaginare il nostro avvenire. Abbiamo speso già troppo tempo discutendo sul passato dei candidati.
































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