Tre sono state le risposte al mio invito rivolto agli eletti all’estero tendente a sollecitare un intervento governativo per la soluzione della questione Imu per gli italiani nel mondo, invito a cui ha aderito anche la direzione di ItaliaChiamaItalia e tutta la sua squadra.
Si sono fatti sentire l’on. Fabio Porta (Pd); il sen. Micheloni (Pd) e il sen. Di Biagio (Pi).
Fatta eccezione per il Sen. Di Biagio, che intravede nella Tasi una possibilità di intervento, non vengono intraviste e segnalate da parte dei due parlamentari Pd, che sono rispettivamente anche presidenti dei Comitati alla Camera e al Senato per le questioni degli italiani all’estero, delle argomentazioni o delle azioni che potrebbero produrre una soluzione al caso Imu mediante un confronto diretto a livello governativo; tuttavia, al riguardo tutti assicurano al riguardo un loro impegno costante, sensibile ed assiduo, in futuro.
Se ne deduce quindi che non si farà più niente, fino a prova contraria, finchè durerà questo governo nonostante, proprio perchè nuovo, sarebbe stato opportuno ritornare alla carica. Ma i nostri eletti, sordi alle nostre esortazioni, fanno e disfanno, senza nulla concludere, a loro piacimento. Prevalgono evidentemente altri interessi, altre necessità o altre priorità (vedi on. Fedi) che noi non siamo in grado di cogliere.
Rammaricandosi per i risultati negativi conseguiti, i tre hanno evidenziato tuttavia di aver fatto tutto quanto secondo le loro possibilità, senza alcuna nota di critica nei confronti di chi evidentemente non li ha sostenuti ed appoggiati lealmente ma solo inscenato una illusoria e comoda finzione (Pd), facendo naufragare le loro iniziative che ad un certo punto sembravano sortire effetti positivi. Ma alla fine tutto è svanito nel nulla, alla faccia nostra; alla faccia di una categoria debole e soccombente, volendola mettere, come qualcuno di loro ha fatto, sul vittimismo di comodo o come invece si potrebbe obiettare per questioni relative a pretestuosi rapporti di forza o ad equilibri interni che per ragioni opportunistiche individuali non si vogliono far saltare (fiducia e sostegno all’esecutivo).
Quindi, se tutto è stato fatto e niente si vuole più fare, bisogna solo aspettare – se non ci si vuole rassegnare a questa clamorosa ingiustizia – che cambi il governo o che cambino i nostri rappresentanti eletti all’estero; allora si potrà, soprattutto per quanto riguarda gli eletti, partecipare con il voto, che potrebbe essere anche più imminente di quello che si pensi.
Degna di rilievo è, tuttavia, la posizione dell’on. Fedi (Pd), a dimostrazione delle possibili incognite e variabili che hanno caratterizzato l’impegno dei nostri eletti, espressa in occasione di una replica a un editoriale del direttore Filosa, il quale commentava l’intervista del deputato rilasciata a ItaliaChiamaItalia.
L’on. Fedi sostiene che un connazionale, già in possesso di una casa all’estero, non possa vedere assimilata a prima casa il suo immobile in Italia. L’opinione dell’on. Fedi, seppur rispettabilissima, non mi rappresenta affatto per varie ragioni. Penso che non rappresenti neanche gli interessi di tanti altri connazionali e forse tantomeno dei suoi elettori. Una misura del genere non sarebbe nient’affatto giusta, dal carattere punitivo e mortificante forse a memoria di una nostalgica ideologia rivisitata all’occorrenza con incoerente pratica solo sulla pelle degli altri.
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