Ogni tanto si torna a parlare della ministro Kyenge, “donna immagine” del governo. Ha fatto rumore che la Lega pubblichi sulla “Padania” l’agenda dei suoi incontri pubblici (che peraltro è la stessa disponibile ed ufficiale sul sito web del ministero) e ciò ha suscitato scandalo, quasi una incitazione a contestarla. Parliamo di cose concrete: il colore della pelle della signora Kyenge non mi interessa nulla e merita comunque assoluto rispetto, ma il problema vero è che dietro all’“immagine” che Letta ed il PD hanno voluto darsi affidandole l’incarico altisonante di “Ministro per l’integrazione” non mi risulta che ad oggi la ministro abbia prodotto molto.
Vero che tutto il governo in sé non dimostra un grande sprint, ma resta il fatto che in questi mesi ci sono stati due episodi importanti legati all’immigrazione: la strage (purtroppo “le stragi”) in mare a Lampedusa e l’incendio di Prato nella locale e abusiva Chinatown. E’ cambiato qualcosa a Lampedusa dopo le centinaia di vittime? Nulla. E’ cambiato qualcosa a Prato dopo l’incendio? Nulla. Notizie di iniziative conseguenti della Kyenge: non pervenute.
La Kyenge e Renzi parlano e straparlano piuttosto di “jus soli” (ovvero di dare la cittadinanza italiana automaticamente a chiunque nasca in Italia), altro concetto che non significa concretamente molto, nel senso che può essere o meno una cosa accettabile ma solo a seconda di quali regole si applichino o si propongano, perchè se non si fissano regole e paletti chiari rendendo invece la cittadinanza un diritto automatico secondo me la cosa sarebbe improponibile e pericolosa, oltre ad essere puramente demagogica.
La Kyenge ha proposto, detto, chiarito in merito qualcosa? Ha forse preparato e illustrato almeno una bozza di disegno di legge? Nulla. A parte il fatto che non si capisce perché tutti possano essere eventualmente contestati (in modo corretto e civile, sia chiaro) e lei no, resta quindi il dramma e il problema dell’immigrazione clandestina e della difficile integrazione, ma in merito – appunto – passi avanti non se ne vedono.
Anzi, la ministro dice di voler abrogare la “Bossi-Fini” che invece sarebbe una buona legge se fosse emendata sulla base dell’esperienza di questi anni, ma che certo non va cancellata “sic et simpliciter” lasciando un pericoloso vuoto normativo.
In ormai 9 mesi di incarico la Kyenge e il governo non hanno prodotto lo straccio di una proposta. Lo stesso vale per il caso di Prato. La realtà parla di almeno 4.000 aziende cinesi abusive che sfruttano migliaia di persone e che chiudono da sole (ma subito rinascendo con altro nome) in media ogni 2 anni perché hanno scoperto che nella pratica è impossibile nel frattempo fare dei minimi controlli fiscali e di sicurezza sul lavoro.
Rispetto a 2.000 aziende che ogni anno a Prato aprono e chiudono puramente per evadere tutte le norme risulta che nel 2013 sarebbero state solo 86 (ottantasei!!!) quelle chiusure dall’autorità (fonte di un sindacalista CGIL a Unomattina su Rai1 del 14 gennaio) per manifeste irregolarità. 86 controlli su 4.000 sono una vera e propria presa in giro. Ecco un vero scandalo sul quale avremmo voluto sentire l’opinione della signora Kyenge.
































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