"Per litigare bisogna essere in due. Ma per divorziare basta uno": è un estratto dell’ultima conversazione tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi riportata nell’intervista pubblicata oggi dal Corriere della Sera sulle anticipazioni del libro "Il Ventennio" scritto dall’ex presidente della Camera Gianfranco Fini.
Nel libro Fini parla del suo rapporto con Berlusconi: "E’ sempre stato seducente e simpatico. Mai protervio o autoritario". L’ex leader di Alleanza Nazionale si toglie qualche sassolino nei confronti dei colleghi: "In 250 pagine un paio di cattiverie ci sono". Rispondendo sulla legge che porta il suo nome dice: "Sento molte inesattezze frutto di superficialità. Il reato di immigrazione clandestina fu introdotto nel 2009. La Bossi-Fini è del 2002. All’epoca innovò la Turco-Napolitano mantenendo più di quello che tolse. Oggi può essere ammodernata ma credo che l’impianto resti valido a cominciare dal principio fondamentale: a parte gli studenti, ha diritto al permesso di soggiorno l’immigrato che ha un lavoro e un reddito".
Tornando a parlare del Cavaliere, “Berlusconi non mente; rimuove. E’ del tutto incapace di ammettere un errore. Ha bisogno di convincersi che le cose siano andate esattamente come dice lui; altrimenti non riuscirebbe a convincere gli altri".
"Berlusconi scelse Alfano non come segretario di partito, ma come suo segretario particolare. Ora Alfano ha dimostrato di avere il ‘quid’. Ma per lui non sara’ facile restare ‘diversamente berlusconiano’"
Quanto alla possibile scissione nel Pdl, osserva: "Non lo so. Temo che non sia possibile convivere nello stesso partito con Berlusconi, esprimendo una posizione diversa. Oggi lui e’ piu’ debole. Ma continua a voler comandare il Pdl come faceva a Mediaset o al Milan. Se decadra’ da senatore, gridera’ che non si puo’ restare al governo con i propri carnefici".
Per Fini Berlusconi non e’ affatto finito: "Tutt’altro. Ha ancora un vasto consenso, nel Paese e nel suo partito". Poi ricorda che "nel discorso che feci alla direzione del Pdl, riconobbi che il leader era lui. Allora emerse il mio grande errore. Ero convinto che si potesse costruire con Berlusconi un partito vero, in cui linee diverse vengono messe ai voti. Ma l’unica volta in cui nel Pdl si e’ votato davvero, e’ stato per decretare la mia incompatibilità".
Infine, quanto al futuro, dice: "quarant’anni di politica non si dimenticano. Non voglio smettere: la farò in modo diverso. Una stagione si e’ chiusa. Daro’ un contributo di idee attraverso la mia nuova fondazione, ‘Liberadestra’. Dobbiamo ripartire dal programma, non dall’identità".
































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