Negli anni ’60 il leader socialista Pietro Nenni, per differenziarsi dalla corrente massimalista del suo partito, coniò il termine “politica delle cose”, per indicare che il partito, più che tendere ai suoi obiettivi massimi, doveva occuparsi delle cose possibili e pertanto realizzabili. Dal suo punto di vista purtroppo ebbe ragione, perchè la visione socialista e statalista riuscì poi a permeare tanta parte del nostro paese e delle sue istituzioni.
Dopo la breve stagione del boom economico, governo dopo governo, legge dopo legge, l’Italia è infatti diventata un paese appesantito da una gigantesca spesa pubblica e pertanto da un’insopportabile pressione fiscale, afflitto da un’assurda burocrazia, ingessato dalle legislazioni del lavoro, arretrato nelle sue infrastrutture, e incapace di amministrare una giustizia che sia accettabile nei suoi tempi e nei suoi criteri.
Con la sua entrata in campo, Berlusconi si era proposto di rimediare a queste storture. Sappiamo che della sua annunciata rivoluzione liberale poco è stato poi realizzato. Tuttavia dobbiamo riconoscere che il suo avvento nella scena politica (che probabilmente è ancora ben lontano dal concludersi) ha conseguito un risultato veramente straordinario. Le sue idee hanno trovato accoglienza e sono germogliate nel campo avversario.
Oggi Matteo Renzi, capo del governo e segretario PD, si propone la riforma del lavoro, quella della giustizia, il rilancio delle grandi opere di infrastruttura, la riforma della stessa struttura dello Stato. Insomma, gli stessi obiettivi sostenuti da sempre da Berlusconi.
Ve lo immaginate un Bersani, o un Fassino, o la Bindi, che dicano ai sindacati: “scioperate pure, io vado avanti”? Sembra impossibile, eppure chi parla è il segretario del PD, erede del vecchio PCI.
Coloro quindi che, anche da destra, ritengono che Berlusconi sia la causa dei nostri mali, dovrebbero riflettere. Senza di lui avremmo avuto vent’anni di predominio di un partito che non si era mai liberato dalla visione dirigista di uno stato che deve controllare e normare ogni cosa. Ossia la visione del partito comunista, alla cui fonte si sono nutriti non solo gli anziani dirigenti come D’Alema, ma perfino i giovani come la Mogherini.
Oggi molte delle proposte di Renzi sono condivisibili. Se poi, andando oltre ai discorsi e alle belle parole, sarà anche capace di realizzarle, non sappiamo. Ma non dovremo attendere molto. O arriveranno presto i risultati, o la larga parte del Pd che avversa Renzi avrà il sopravvento, e saremo da capo.
È comunque necessario aggiungere che ci sono anche gravi mancanze nelle posizioni di Renzi. In politica estera, è assurdo per noi accodarci ad Obama nel prendere posizione contro la Russia e nell’approvare le sanzioni, che ci causeranno gravi perdite economiche. E non si tratta solo di interessi commerciali, ma di gravi errori di strategia geopolitica. La Nato non aveva nulla da cercare in Ucraina. I nemici e i pericoli per l’Occidente vengono da altre parti.
In politica interna, non sembra che il governo stia affrontando con risolutezza la necessità di una drastica e generalizzata riduzione fiscale, in mancanza della quale non ci sarà nessuna ripresa economica. E manca totalmente un’azione di contenimento dell’invasione degli extracomunitari, che ci provocherà gravi problemi e conflitti futuri.
Comunque al momento non ci resta che sperare in Renzi. Se la sua tacita sintonia con Berlusconi non dovesse dare i suoi frutti, non essendoci un nuovo leader nel centrodestra, dovremo riaffidarci al Cavaliere. In ogni caso, ci auguriamo che, invece di riaccogliere gli inconcludenti “moderati” persi per strada, il centrodestra dia spazio una buona volta a chi dimostra di avere le idee e la determinazione necessarie per far fronte ai tempi ancora più duri, che si intravvedono all’orizzonte.
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