Per risanare i bilanci i Paesi ad alto debito devono scegliere la strada dei tagli di spesa accompagnati a tasse piu’ basse, rilanciando la crescita attraverso le riforme per la competitivita’. La Bce, dal canto suo, e’ pronta a fare la sua parte, con un possibile nuovo taglio dei tassi dopo quello di appena una settimana fa. Mario Draghi, presidente dell’Eurotower, e’ a Roma per ricevere la laurea honoris causa in Scienze politiche dalla Luiss. E approfitta della trasferta ‘in casa’ per ribadire ai mercati la posizione della Bce dopo il taglio dei tassi allo 0,50% della scorsa settimana: ‘siamo pronti ad agire ulteriormente’, sia sul tasso principale che sul tasso sui depositi bancari che potrebbe cosi’ scendere per la prima volta sotto zero, con l’intento di spingere le banche a prestare anziche’ parcheggiare liquidita’. Una breve parentesi ‘operativa’ di politica monetaria, pronunciata a braccio e che ha immediatamente fatto scendere l’euro sotto gli 1,31 dollari, mentre nel testo scritto del suo intervento Draghi torna a ribattere sul tasto della crescita, a suo dire nient’affatto incompatibile con il risanamento del bilancio. Davanti a una platea piena di giovani studenti, presenti anche la sua famiglia, i colleghi di Bankitalia, del Tesoro e degli studi, oltre a ‘tanti giornalisti che negli anni mi hanno perseguitato’, affronta la crescita dal lato ‘sociale’, lanciando l’allarme-disoccupazione che, specie giovanile, ha raggiunto livelli che ‘rischiano di innescare forme di protesta estreme e distruttive’.
Il presidente della Bce non esita ad addentrarsi sulle ricette di politica fiscale per uscire dalla crisi e lo fa rompendo l’apparente contraddizione, diventata di uso comune, fra risanamento dei bilanci e crescita. Risanare i bilanci pubblici – spiega alla Luiss – ha nel breve periodo un effetto recessivo, che pero’ e’ possibile ‘mitigare’ privilegiando ‘le riduzioni di spesa pubblica corrente e delle tasse’. Un ‘strigliata’ che tocca da vicino l’Italia, costretta dall’emergenza della crisi a una stangata fiscale che a detta di molti osservatori ha esacerbato la recessione in atto da fine 2011. E proprio la politica italiana deve essersi sentita chiamare in causa quando Draghi ha ricordato che ‘in alcuni Paesi’ la crescita ‘era piu’ debole anche prima della crisi, nonostante una crescita spesso tumultuosa della spesa pubblica, perche’ non si erano volute affrontare fragilita’ strutturali di cui oggi sentiamo tutto il peso’. E’ il nodo sensibile delle riforme possibili, che Draghi enumera dettaglio: piu’ concorrenza, flessibilita’ del lavoro ‘che sia ben distribuito fra le generazioni’, una ‘burocrazia pubblica che non sia di ostacolo alla crescita’, un ‘capitale umano adatto alle sfide poste dalla competizione globale’, un maggiore dinamismo e una distribuzione delle ricchezze piu’ equa rimuovendo le rendite di posizione. Tutti nodi essenziali, ma politicamente roventi, e che richiedono tempo per rilanciare la crescita. Anche per questo Draghi lavora, dopo i passati interventi straordinari e la leva monetaria a minimi record, a ulteriori misure per sbloccare i prestiti alle piccole e medie imprese: la Bce – spiega – ha ‘avviato con la Banca europea degli investimenti e la COmmissione Ue iniziative mirate a ridurre la frammentazione del credito nell’area dell’euro’. Ma ricorda anche ai Paesi che hanno una leva per mobilitarsi e sbloccare il credito: ‘efficaci potrebbero essere anche interventi nazionali con la partecipazione di governi, banche pubbliche e agenzie di sviluppo’.
































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