Continua a tenere banco, nel dibattito politico italiano, il tema della cittadinanza ai figli degli immigrati. Ius soli? L’idea sembra farsi spazio, ma c’è anche chi continua a dire no.
Si è cominciato a parlare di ius soli un minuto dopo la nomina di Kyenge, parlamentare Pd di origine congolese, a ministro dell’Integrazione. E’ proprio lo ius soli, infatti, uno dei punti che sta molto a cuore al membro del governo. Ma la cittadinanza italiana è un tema che divide, e vista la composizione dell’attuale esecutivo, impuntarsi su certe decisioni potrebbe fare crollare tutto.
E mentre Scelta Civica dice no a un ddl del governo e propone il suo ius soli temperato, il dibattito continua. Maurizio Bianconi, deputato PdL, dopo avere affermato che il tema della cittadinanza è sì importante, ma non risolve “le vere emergenze nazionali”, spiega che “sarebbe bene che il neo parlamentare e neo ministro Kyenge si astenesse da proclami improvvidi quanto sgangherati su di un tema cosi delicato che investe i presupposti della nostra costituzione (sulla quale Lei ha giurato), i rapporti con l’Europa, i diritti soggettivi di ciascuno, valutazione di coesione sociale”. A meno che, aggiunge il pidiellino, “il neo ministro non sia andata allo sbaraglio su suggerimento dei sabotatori Pd dell’attuale governo, di quei guastatori che ancora non si rassegnano a collaborare , per il bene dell’Italia, con il centrodestra".
Eppure anche alcuni degli esponenti politici tradizionalmente legati al centrodestra aprono allo ius soli. E’ il caso di Renata Polverini, per esempio, ex presidente della Regione Lazio, oggi parlamentare PdL: “Coerentemente con il mio impegno passato – dice -, sosterro’ convintamente la battaglia del Ministro Cecile Kyenge sullo ius soli. E’un tema che ormai bisogna affrontare anche perche’ la nostra societa’ e’ormai sempre piu’ multirazziale e multiculturale”. Certo, “l’Italia e’ un Paese di transito, quindi sara’ necessario trovare forme adeguate e venire incontro alle diverse esigenze, ma la riforma dovra’ riconoscere ai bambini nati nel Paese il fatto di essere italiani".
Anche l’ex ministro e senatore del Pdl Carlo Giovanardi, concittadino del ministro dell’integrazione, la modenese Cecile Kyenge, apre allo ius soli, con una proposta di mediazione: dare la cittadinanza ai bambini nati in Italia al momento dell’iscrizione alla prima elementare. “Una proposta che avanzo contenuta in un disegno di legge che sto presentando al Senato, e’ quella di concedere la cittadinanza al bambino, nato in Italia da genitori extracomunitari, uno dei quali già dimorante in Italia da almeno un anno, se dopo la nascita risiede legalmente in Italia, al momento dell’iscrizione alla scuola dell’obbligo. Questa nuova norma si inserirebbe in un quadro normativo che prevede gia’ la possibilita’ di chiedere la cittadinanza dopo 10 anni di permanenza legale nel nostro Paese, che si estende ai figli minorenni anche se non nati e residenti in Italia, e all’altra disposizione che consente al minore nato in Italia di chiedere la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno di età”. “Mi sembra – ha detto Giovanardi – che questa sia una proposta ragionevole che, da un lato puo’ rassicurare verso eventuali utilizzi strumentali della Ius Soli e dall’altro rende piu’ efficace l’integrazione nel momento in cui i bambini italiani ed extracomunitari si trovano a frequentare assieme la scuola dell’obbligo”.
Per Nichi Vendola, presidente di Sinistra ecologia e libertà, “lo Ius Soli e’ un ingrediente essenziale per definire che cosa debba essere la cittadinanza in un’Italia moderna e civile. I diritti che nascono sulla base del legame con il sangue e con la stirpe – prosegue il leader di Sel – sono i diritti che appartengono a un clima e a una cultura opache, di derivazione fascista. Lo ius sanguinis e’ una lesione alla nostra civilta’ giuridica. La titolarita’ del diritto a essere cittadino, in qualunque Paese civile del mondo, e’ legato alla nascita in quella determinata terra, su quel suolo”. Per il leader di Sel lo ius soli “e’ una necessaria, doverosa, dispensabile, irrinviabile riparazione", dopo le leggi razziali del passato. Per Vendola "si tratta di riacquistare il senso della decenza e del decoro di fronte agli occhi del mondo".
Vincenzo Spadafora, Autorita’ Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, afferma: “Non posso che condividere la posizione del ministro Cecile Kyenge sulla riforma della cittadinanza. Oggi in Italia quasi un quinto dei bambini nasce da almeno un genitore straniero e quasi un milione di ragazzi di origine straniera frequenta le nostre scuole, ovvero l’8,5% della popolazione scolastica. E’ una realta’ della nostra societa’ con cui dobbiamo fare i conti, una questione che la politica dovrebbe affrontare mettendo da parte ogni possibile velo ideologico. Se e’ vero che la capacita’ della politica e’ quella di interpretare i bisogni della societa’, un passo avanti sul diritto di cittadinanza non e’ piu’ rinviabile".
Anche Bruno Tabacci (Centro Democratico) dice si’ alla proposta del ministro per l’Integrazione, Cecile Kyenge, di estendere la cittadinanza agli immigrati regolari. Per il leader del partito alleato con il Pd, "va cercata una modalita’ per integrare in maniera piena i lavoratori immigrati".
L’ex ministro della cooperazione Andrea Riccardi, che ha appena passato il testimone a Cecile Kyenge, suggerisce che al posto dello ‘ius soli’ si valuti lo ‘ius culturae’, cioe’ si conceda la cittadinanza ai nati in Italia “solo dopo aver concluso un ciclo scolastico. Questa riforma mi sembra ottenere maggiore consenso ed e’ piu’ adeguata alla situazione italiana”. “In questo Paese, poroso e di transito per i migranti, credo vadano evitate forme di automatismo”.
Anche il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri (Pdl), suggerisce di evitare “forme di automatismo” su un tema come la cittadinanza, e ritiene “apprezzabile” l’atteggiamento di cautela assunto dal presidente Letta su questo tema". "Forzature da parte di altri esponenti del governo – aggiunge – non sono accettabili, ed entrerebbero anche in conflitto con il clima chiesto dal presidente del Consiglio. La strada dello ius soli, ossia della concessione automatica della cittadinanza per il solo fatto di essere nati nel nostro Paese, e’ sbagliata e non trovera’ mai applicazione in Italia".
Fra coloro che dicono no allo ius soli, c’è fin dall’inizio la Lega Nord. Il presidente del Veneto, Luca Zaia, critica la proposta del ministro Cecile Kyenge sulla cittadinanza ai figli di immigrati che nascono in Italia. "Come accade in quasi la totalita’ dell’Europa io sostengo lo jus sanguinis", ha detto. "Non ho alcuna contrarieta’ al fatto che un cittadino immigrato abbia la nazionalita’ italiana, ma sostengo che deve averla sulla base di presupposti oggettivi, ad esempio l’esame della lingua italiana e la conoscenza del nostro territorio, perche’ noi stiamo dando la patente d’italiano". "Mi risulta che da alcuni mesi, per quanto a mia conoscenza, non si svolge piu’ nemmeno l’esame di lingua italiana – ha aggiunto Zaia – E’ sufficiente infatti inviare un plico di documentazione. Non sappiamo, dunque, se stiamo dando la cittadinanza a persone di cui non sappiamo nemmeno se siano in grado di parlare italiano". Zaia ricorda infine che lo jus solis, in un paese come l’Italia, che e’ un colabrodo per la vicinanza a Paesi extraeuropei "diventa un problema di gestione complessiva dell’immigrazione".
Secondo Souad Sbai, ex parlamentare Pdl, giornalista e scrittrice, lo ius soli è del tutto “inadeguato alla realta’ del nostro Paese”, sarebbe “una pazzia assoluta”. “Basti pensare – sottolinea – ai ricongiungimenti a pioggia che ne deriverebbero. Con la scuola e il contatto con gli altri, invece, si raggiungerebbe la vera integrazione", afferma la Sbai, che prosegue: “Qualcuno dovrebbe spiegare al ministro Kyenge che la cittadinanza ai figli di immigrati, in qualsiasi forma essa possa arrivare, non interessa a nessuno. Mi permetto di far notare una cosa, in conclusione: che per gli immigrati la cittadinanza non e’ l’unico problema cui guardare. Il lavoro, la casa, la salute e tanto altro angoscia la vita di uno straniero in Italia, come peraltro di tutti gli italiani. La politica continua a guardare all’immigrato come ad un trofeo da esibire, tentando di regalargli cittadinanze facili a cui non seguira’ mai un’evoluzione vera della sua condizione sociale e personale. Un gioco al ribasso divenuto ormai inaccettabile".
































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