Sei milioni di connazionali vivono oltreconfine e sono iscritti all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero: li chiamano expat, e costituiscono una manodopera spesso altamente qualificata.
Molti di loro potrebbero, vorrebbero tornare a casa, per motivi vari; ma non sanno come muoversi, e se davvero ne valga la pena.
Proprio per questo – scrive L’Espresso oggi in edicola – stanno fiorendo però delle piattaforme che cercano di fare da trait d’union, gestendo i nodi gordiani della questione.
Una delle ultime realtà nate per semplificare il rientro degli italiani è “Pietro” (pietrotorna.it), fondata da Nicolò Marchetto e Paolo Citterio, due giovani trapiantati in Olanda.
Per vissuto diretto – scrive L’Espresso -, si sono resi conto di quanto sia arduo compiere il percorso inverso a quello che li vide migrare anni fa, e così hanno dato forma a questa startup che aggrega e convoglia proposte di lavoro “di qualità”.
Sullo stesso fronte milita “Back to Italy“, una piattaforma che adopera l’intelligenza artificiale e algoritmi “su misura” per sostenere gli italiani andati via (e non solo) nella ricerca di un lavoro (e/odi una casa) nella Penisola. Facilitandone il rientro, anzi, rendendolo attrattivo e strategico.
Due expat su tre considererebbero oggi possibile un ritorno, a patto che si instaurino condizioni più favorevoli: non solo dei salari più competitivi (per il 91,5 per cento), ma anche, per esempio, la valorizzazione del merito (78 per cento).
È quanto emerso dal report “Giovani all’estero: tra opportunità di lavoro e voglia di crescita”, realizzato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro e presentato a Genova al Festival del Lavoro.






























