Bionde normali o bionde digitali? Bionde tradizionali o elettroniche? In Italia è esplosa la guerra delle sigarette. Quattrocentomila persone hanno abbandonato il fumo tradizionale; un milione e mezzo d’italiani sarebbe pronto a farlo. Come e con cosa? Aspirando dalla sigaretta elettronica, che non s’accende con l’accendino o con il cerino. Sì, proprio quella sigaretta dalla forma strana, non tradizionale, non fatta di tabacco, nè con la cartina.
Smooke è il primo marchio specializzato in sigarette elettroniche. Un boom in divenire. Il motivo? Semplicissimo: fanno infinitamente meno male di quelle tradizionali, che contengono 46.000 sostanze, 2.500 sono nocive. La combustione le rende cancerogene. Laddove nelle nostre sigarette digitali c’è solo nicotina e non c’è la combustione.
Il depliant o manifesto della bionda elettronica è firmato da Filippo Riccio, amministratore delegato di Smooke, la più grande catena del settore. Insorgono i tabaccai, questa ritengono di non doverla subire. Intanto perchè non è giusto, secondo loro, che la sigaretta tradizionale e il fumo normale debbano subire gli effetti di una concorrenza subdola, comunque non leale. Francesca Biancone, presidente di Assotabaccai: "Il vuoto legislativo ci sta distruggendo". La guerra alla sigaretta elettronica e a un diverso modo di fumare è già in atto. E il pm di Torino, Raffaele Guariniello, attento alle frodi e quant’altro, non si è fatto pregare. Ha aperto un’inchiesta e urlato all’Italia che le sigarette elettroniche, al pari delle antiche sorellastre, "vanno vietate in luoghi pubblici". I gestori di Smooke, proponenti la fumata alternativa, ritengono la decisa azione dei tabaccai una forma di reazione e di ribellione all’ingresso della bionda elettronica sul mercato. "S’inventano ostacoli, l’uno dopo l’altro. Sono spaventati. Ma il loro unico interesse è rappresentato dai soldi. Gli interessi in ballo sono grossi".
Smooke è nata da un’idea di tre soci, titolari di un’agenzia immobiliare. Filippo Riccio, un amico, e un altro ancora. Questi fumatore accaniti, tre pacchetti di sigarette al giorno, fino a quando hanno scoperto su Internet la possibilità della fumata elettronica. Da allora fumano solo le digitali. "Settimane per ricevere il prodotto e acquisti al buio: abbiamo dovuto inventarci una strada". I tre soci hanno aperto un negozio di Smooke a Torino, nel 2007. Impresa riuscita in fondo ad un difficoltoso iter burocratico lungo due anni e mezzo. La crescita è stata poderosa: 210 negozi ora, in tutta Italia e altrettanti prossimi all’apertura. L’assunzione di personale ha riguardato 55 persone, a tempo indeterminato.
Ma chi è il consumatore che si concede all’abbraccio della bionda non naturale? Età media 43 anni, già fumatore. "La sigaretta elettronica ha un forte impatto soprattutto sul fumatore accanito". Balle, bugie, sostiene la dirigenza dei tabaccai d’Italia. Le parole per dirlo e per comunicare al mondo che la nuova sigaretta rischia di mandarli in mezzo alla strada. Si parla addirittura di progressive inevitabile serrate. "Quando si entra in quei negozi, ti dicono che le sigarette elettroniche fanno smettere di fumare. Mica vero: si fuma solo diversamente". Un modo alternativo di fumare, per dirlo in lingua italiana. Ma la nicotina, protestano con forza i tabaccai, è vendibile solo nel circuito dei Monopoli di Stato. Loro, i titolari delle rivedite di sigarette normali, sono i sub mandatari dei Monopoli di Stato. Vengono tassati e obbligati a svolgere l’attività nel rispetto di determinate regole. I venditori del fumo elettronico, conclude il sindacato nazionale dei tabaccai, sono affrancati da qualsiasi regola e non si sa come vengono tassati. "Noi prendiamo il dieci per cento di aggio, e loro?". Quesito legittimo impone una pronta replica. Eccola: ai tabaccai interessano solo i soldi che non incassano più e le centinaia di migliaia di eurotasse che lo Stato non prende. "La verità è che vorrebbero vendere le sigarette elettroniche anche loro". I danni per le tabaccherie sono consistenti. L’aumento del prezzo delle sigarette normali non ha compensato gli introiti derivanti dalla vendita delle bionde tradizionali. La richiesta del pm Guariniello ha autorizzato i Nas ad effettuare sequestri, ma solo per problemi di etichettatura. Fermo restando il diktat del magistrato: bisogna estendere il divieto di fumare nei locali pubblici e nei bar anche alle sigarette elettroniche. Fanno meno male o male uguale, rispetto alle sigarette trazionali? Risposte e tesi si contrappongono. "Le sigarette elettroniche non cancellano la dipendenza dalla nicotina", l’affermazione è di Roberto Cavion, del Sert Vicenza. Secondo un professore universitario invece "sono uno strumento utile". Interpellato, il Ministero della Sanità fa notare che il prodotto è stato già sottoposto a sequestro in Austria, Brasile, Canada, Turchia. E anche in Cina. Proprio lei, che ha aveva lanciato nel 2003 la prima sigaretta elettronica. Il consumatore aspetta, chiede lumi. In attesa di averli, sotto forma di provvedimenti ufficiali e definitivi, va avvertito "sugli eventuali rischi che possono venire dall’articolo già in commercio". Come riferirsi all’allevatore che spranga la porta della stalla dopo che i buoi sono già scappati. O a Santa Chiara che, una volta derubata, mise porte di ferro. Bionda naturale o bionda elettronica, l’Italia è anche questa. Fateci capire.
































Discussione su questo articolo