"Il relatore sottopone alla Giunta la proposta di sollevare una questione incidentale riferita ai descritti dieci diversi profili di illegittimita’ costituzionale, reputati rilevanti e non manifestamente infondati". Lo si legge nella relazione depositata in Giunta per le Elezioni e le Immunita’ dal senatore Andrea Augello sulla decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore.
Ecco i dieci profili identificati da Augello nella relazione:
"Per quanto concerne l’articolazione dei prospettati rilievi di costituzionalita’ in puntuali questioni di legittimita’ costituzionalita’, da sottoporre al giudizio della Corte di giustizia dell’Unione europea, il relatore ipotizza il seguente schema. Per i motivi esposti la Giunta: 1) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale degli articoli 1 2 e 3 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per contrasto con l’articolo 65 della Costituzione, nella parte in cui prevedono l’istituto dell’incandidabilita’ e dell’incandidabilita’ sopravvenuta nei riguardi di parlamentari nazionali. 2) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 1, lett. c),del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per contrasto con l’articolo 76 della Costituzione, in relazione all’articolo 1, comma 64, lett. b) della legge 6 novembre 2012, n. 190, laddove prevede che non possono essere candidati "coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura penale", mentre la predetta norma delegante fa riferimento a condanne "per i delitti previsti nel libro secondo, titolo II, capo I, del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni", laddove e’ evidente l’intentio legis nel senso che anche quest’ultima categoria di delitti rilevanti ai fini dell’incandidabilita’ venga individuata dal delegato mediante una specifica elencazione e non un semplice riferimento al solo criterio dell’ entita’ della pena comminata e della pena edittale prevista per il delitto accertato. 3) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1, comma 1, lett. c),del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per violazione dell’articolo 3 della Costituzione, in termini di ragionevolezza, laddove prevede che non possono essere candidati "coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, determinata ai sensi dell’articolo 278 del codice di procedura penale", laddove il solo riferimento all’entita’ della pena in concreto comminata nella sentenza di condanna e all’entita’ della pena edittale prevista comporta l’assenza di qualsiasi matrice unitaria nei delitti presi in considerazione, la quale invece dovrebbe giustificare in termini unitari di "indegnita’ morale" il sacrificio al diritto fondamentale di elettorato passivo e la cui mancanza puo’ condurre a conseguenze in termini di incandidabilita’ del tutto casuali, sperequati ed irragionevoli".
"4) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 3 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per contrasto con l’articolo 76 della Costituzione, in relazione all’articolo 1, comma 63, lett. m) della legge 6 novembre 2012, n. 190, laddove prevede la decadenza nei riguardi dei parlamentari da deliberare ai sensi dell’art. 66 della Costituzione, mentre la predetta norma delegante si riferisce solo al diverso istituto della "decadenza di diritto" non applicabile nei confronti di senatori e di deputati. 5) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 3 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per violazione dell’articolo 138 della Costituzione, in quanto viene prevista la decadenza dal mandato parlamentare mediante disposizione avente (solo) forza di legge ordinaria. 6) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per violazione degli articoli 25, secondo comma e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo,approvata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nella parte in cui non esclude dall’applicazione del decreto anche le sentenze di condanna relative a fattispecie concrete svoltesi prima dell’entrata in vigore del decreto stesso. 7) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per violazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non esclude dall’applicazione del decreto anche le sentenze di condanna emesse a seguito di processi svoltisi prima della sua entrata in vigore, ancorche’ diventate definitive successivamente".
"8) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 16 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l’irretroattivita’ delle sentenze anche di primo grado diventate definitive dopo l’entrata in vigore del decreto n. 235 del 2012, ma pronunciate in precedenza quando l’imputato parte non poteva valutare in tutti i suoi aspetti la convenienza processuale a scegliere il rito abbreviato di cui all’art. 444 del codice di procedura penale e lo stesso giudice non ha potuto che effettuare un giudizio sulla congruita’ della pena, risultante poi necessariamente incompleto. 9) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 13, comma 3,del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, per contrasto con l’articolo 76 della Costituzione, in relazione all’articolo 1, commi 63 e 64 della legge 6 novembre 2012, n. 190, laddove prevede un aumento di un terzo della durata delle incandidabilita’, nel caso in cui il delitto sia stato commesso con abuso dei poteri o in violazione dei doveri connessi al mandato elettivo o di governo, in totale assenza di una disposizione delegante sul punto. 10) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 1 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 – per contrasto con l’articolo 76 della Costituzione, in relazione all’articolo 1, comma 64, lett.e) della legge 6 novembre 2012, n. 190, per violazione del criterio direttivo ivi previsto del coordinamento tra le previsioni concernenti i due istituti -, laddove non prevede che l’incandidabilita’ e l’incandidabilita’ sopravvenuta si applichino a coloro che hanno riportato condanne definitive non solo alla pena detentiva ma anche alla pena accessoria se comminata". Augello ha infine concluso proponendo alla Giunta che "in caso di approvazione della proposta gli sia conferito mandato, sulla base della relazione illustrata e della conseguente discussione, di redigere l’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale e di curare i successivi adempimenti formali".
































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