Beppe Grillo ha cambiato il volto del Parlamento, c’è riuscito: da solo, volenti o nolenti, ha costretto un quarto di parlamentari alla quiescenza. La parte facile del lavoro, gli è riuscita. Quella della protesta, facendo il botto nelle urne. Ora però alla prova dei fatti riempie d’epiteti Bersani con un secco niet per l’accordo di governo nonostante i suoi si siano subito ribellati: “Non buttiamo così i nostri voti, abbiamo il diritto/dovere di governare”. Ma il capo indiscusso non ci sta, ha le sembianze del dittatore – ma è più vile -, ci mette la faccia ma non entra nel Palazzo, preferisce mandarci la truppa ed eventualmente farla bruciare, cosicché nel frattempo persegue i suoi interessi col fido Casaleggio (vera mente del M5S).
Non credo sia un corpo così anomalo poi quello dei pentastellati, sono italiani come tutti noi alle prime armi e fisiologicamente questo movimento avrà le sue defezioni e i diversi approdi, come tutti gli altri e forse più, se Beppe continuerà ferramente la sua rigidità d’intenti. Il programma è una cosa marginale, anche perché pare più una carta dei sogni per raggiungere la pace nel mondo, che una analisi seria della realtà e delle circostanze che ci circondano. Mai come oggi basta dire: “Piove, governo ladro!” e il consenso si raccoglie a badilate. Ma capirete bene che alla lunga il giochetto stanca, non risolve e si dissolve.
Grillo ha ricevuto un plebiscito che non è capace di gestire, avrebbe preferito poter continuare a strillare nelle piazze e a millantare complotti contro il suo ingresso nelle “botteghe oscure”. Invece è lì, come la democrazia insegna, come la democrazia vorrebbe. Non ho mai delegittimato il consenso popolare di Berlusconi perché mi faceva comodo, non lo farò con Grillo perché non condivido il suo movimento. Ha il diritto/dovere di governare e che lo faccia, ci smentisca. Oppure torni a casa.
Twitter @andrewlorusso
































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